giovedì 31 dicembre 2009

Momenti Professionali 2009

Il 2009, pervaso dalla crisi globale, è stato un anno impegnativo,
ma certamente ricco di realizzazioni


L'Importanza della Comunicazione




Verso Nuove Realizzazioni




Orgoglio Italiano




Un Impegno Professionale Apprezzato




Un Momento di Pausa




Un Seggio "impegnativo" per un Concerto di Musica da Camera
al Vecchio Parlamento di Singapore

domenica 13 dicembre 2009

Le Città Intelligenti

La Conferenza di Copenaghen sull’ambiente ha attirato l’attenzione generale sui temi della salvaguardia del pianeta. Tuttavia, mentre ad una prima analisi si può pervenire all’idea che all’origine dei problemi ambientali ci sia lo sviluppo impetuoso che ha caratterizzato gli ultimi decenni, la realtà ci dice che il punto centrale è piuttosto legato ai metodi ed alla gestione dei processi di sviluppo.
Sono numerosi gli esempi di città – cosidette ‘intelligenti” – che riescono a coniugare lo sviluppo più avanzato con una qualità della vita particolarmente pregiata, ove i valori “verdi” e della sostenibilità vengono affiancati ad efficienti pratiche di trasporto pubblico e significative presenze imprenditoriali.
Amsterdam, la città “intelligente” a noi più vicina, raggiunge con i dintorni 1,2 milioni di abitanti e resta una delle capitali finanziarie e commerciali mondiali. Vi hanno sede sette tra le maggiori 500 aziende globali (Philips a ING su tutte) attratte anche dalla moderata tassazione, dalla popolazione ben istruita e multilinguistica, dalla mancanza di corruzione. L’aeroporto di Schipol, a soli venti minuti dal centro, è il terzo in Europa per numero di passeggeri, ma si caratterizza per un’atmosfera ben diversa da Londra o Parigi.
Singapore è da molti considerata l’erede del XXI secolo della Venzia del 1400. Vi operano circa 6mila multinazionali, è considerata il miglior posto al mondo per facilità di business, vanta rapporti profondi e privilegiati con le grandi economie asiatiche e mondiali, il porto è il primo al mondo per movimentazione di container (quasi 30 milioni all’anno) e l’aeroporto di Changi è certamente un gioiello di architettura ed efficienza.
Curitiba nel sud del Brasile, famosa per esser innovativa in tutto, e Monterrey in Messico, con i suoi 57 parchi industriali, dimostrano che il primato delle “smart city” non appartiene in via esclusiva al mondo più avanzato.
Oltre al menare orgoglio per la loro sensibilità al verde e all’ambiente, tali città dimostrano la propria “intelligenza” con scelte economiche e di sviluppo fatte di buonsenso, di coraggio e di abilità nella pratica della scala di valori che si sono date.

domenica 6 dicembre 2009

Un Esempio di Partecipazione Festosa

Il Parco Botanico di Singapore costituisce uno dei più pregevoli “monumenti” della Città-Stato: nella sua atmosfera di serenità vi si gusta l’armonia e l’equilibrio tra la Natura e l’Uomo.
Si estende su 64 ettari ed ogni singola pianta è catalogata e descritta, i prati sono magnificamente curati, i fiori colorano le stagioni, tre piccoli laghi ospitano pesci e cigni, una leggera struttura per concerti sorge nel bel mezzo di una spettacolare valle di palme, il Giardino delle Orchidee presenta oltre mille specie e duemila ibridi.
Suona, insomma, particolarmente appropriata la “mission” dei Giardini: ‘collegare le piante con le persone’, a ragione molto enfatizzata in occasione delle recenti celebrazioni dei 150 anni.
Con l’avvicinarsi del Natale, anche il Parco Botanico è pervaso dall’atmosfera festosa e dalla ‘febbre dell’addobbo’. Sono così comparsi nei vialetti centrali numerosi alberi di natale offerti da scuole, enti di ricerca, istituzioni, banche, ambasciate, case editrici, eccetera.



Ciascuna organizzazione ha partecipato addobbando l’albero con propri “strumenti di lavoro”. Il National Hospital è ricorso a siringhe, forbici e stetoscopi.



Non mancano alberi di natale di studi di design, case editrici, aziende dell’elettronica o delle biotecnologie. Colpisce la partecipazione dell’Ambasciata del Kuwait



Tenta l’Australia, con la sua proposta sole a mare......



Mentre il Messico informa che a Singapore ci sono ben 24 associazioni di donne di lingua spagnola.



Non manca la sensibilità a temi importanti. Allora, AVA (Agri-Food and Veterinary Authority) ci ricorda il rispetto dovuto agli animali domestici



Ma non è Natale senza la neve...... Nessun problema! Il vicino Tanglin Mall accontenta anche i bimbi e, miracolosamente, nevica all’equatore.....

domenica 29 novembre 2009

Dalla Parte di Erika

L’hanno chiamata Erika B., in omaggio alla privacy (come se, invece, sia rispettoso esser quotidianamente sommersi da offerte e proposte mai richieste né sollecitate).
Erika è una sessantaduenne, già direttrice della filiale della banca VR di Bornheim, villaggio di millecinquecento abitanti non lontano da Bonn, in Germania. Per venire incontro alle richieste di liquidità da parte dei clienti del suo villaggio non in grado di offrire le usuali credenziali che le banche chiedono ai clienti normali, Erika concedeva loro crediti, fidi e scoperti prelevando soldi dai conti di clienti ricchi. Sembra sia riuscita ad aiutare i suoi clienti meno abbienti per 7,6 milioni di euro. Quando poi incassava le restituzioni, Erika procedeva a bonifici a favore dei conti dei legittimi proprietari.
Purtroppo, in alcuni casi non c'è stata restituzione e i clienti “svaligiati” da Erika hanno cosi perduto oltre un milione di euro.
"La mia cliente non ha tratto alcun vantaggio personale dalla sua azione, lo ha fatto solo per pietà", ha detto nella sua arringa l'avvocato difensore. Tuttavia, nonostante non abbia intascato per se stessa neppure un centesimo, Erika ha perso tutto: è stata licenziata dalla banca per la quale ha lavorato per una vita, ha dovuto vendere tutto quanto possedeva per far fronte ai rimborsi imposti dalla condanna e ora vive con una pensione di mille euro lordi mensili.
"I clienti venivano da me a chiedermi aiuto, era gente che per la propria precaria condizione economica non avrebbe mai ottenuto un credito normale", ha raccontato Erika. Per il tribunale non è stato facile pervenire al verdetto. "Arrivare ad una condanna giusta è stata una scelta difficile", ha detto la magistrato che presiedeva la Corte. "Da un lato siamo di fronte a gravi danni finanziari arrecati, dall'altro si è trattato di un comportamento non dettato dalla ricerca dell'utile personale. Un caso radicalmente diverso dai soliti".
È vero! Molto diverso, per esempio, dal caso di quella banca impegnata in una “scalata” che per racimolare i 30 milioni necessari ha registrato, una tantum beninteso, spese per euro 30 per ciascuno del milione dei conti in essere.
Allora, meglio dalla parte di Erika!

mercoledì 25 novembre 2009

Italy……

Samuel Johnson remarked in 1770’s that “a man who has not been to Italy is always conscious of an inferiority from his not having seen what is expected that a man should see “
Grazie, Ginevra, per questa bella e dotta citazione: rinforza il mio orgoglio di italiano e rende più lieve il “....pianto sulla bella principessa....” (Leopold Sedar Senghor)

domenica 22 novembre 2009

Un Futuro per l’Europa ?

Ha suscitato più di qualche perplessità la decisione dei leaders europei di scegliere personalità certamente rispettabili, ma di non straordinario carisma e levatura internazionale, per le nuove figure di Presidente del Consiglio europeo e di Alto Rappresentante Ue per gli affari esteri.
Ma questa è l’Europa dei nostri giorni!
Sono nato nel decennio in cui la visione di Statisti del calibro di Schuman, Adenauer e De Gasperi hanno superato secoli di divisioni profonde e terribili guerre e cominciato a “mettere in comune” le (poche) risorse per donare al Vecchio Continente un futuro all’altezza della propria storia e del proprio patrimonio culturale e di civiltà.
Sono poi cresciuto nella certezza che sarei morto europeo. Il processo di integrazione procedeva spedito. Dopo la realizzazione del Mercato Comune, sembravano assolutamente a breve portata di mano nuovi e più ambiziosi traguardi in tema di moneta unica e addirittura di politica estera e di difesa comune.
Tale processo ha, tuttavia, incontrato due ostacoli fin’ora insormontabili: la tenace opposizione di tutti i contrari, europei ed extraeuropei, alla realizzazione di una integrazione piena, propendendo costoro per una visione più mercantilistica, per un’Europa mera gigantesca e ricca area di libero scambio.
La Caduta del Muro, inoltre, con la necessità di farsi carico di tutte le responsabilità nei confronti dei paesi e dei popoli che uscivano dall’esperienza del comunismo ha inferto il decisivo stop ad ogni più ambizioso progetto. Il dilatarsi dell’Unione verso Est ha reso oggettivamente lento e disomogeneo il processo di integrazione.
La ‘geometria variabile’ che caratterizza l’Europa di oggi è figlia di questi ultimi venti anni e, probabilmente, ben congeniale per chi non desidera una integrazione piena dei paesi europei. Oggi l’Europa è il più grande e notevolmente ricco mercato comune al mondo, con Eurolandia quale zona a maggiore integrazione, ma è ben lungi dall’esser un Attore politico primario sulla scena internazionale. Resta di grande attualità la cinica ma reale domanda di Kissinger: ”Chi chiamo se voglio parlare con l’Europa?”
Sono, tuttavia, fermamente convinto che l’Europa tornerà ricca (in verità lo è tuttora!) e potente. Ma sarà un’altra Europa, frutto del processo di integrazione dei popoli in corso che produrrà la nuova Europa. Essa tornerà ad esser primario Attore globale, non solo sotto il profilo economico. Ma si tratterà di un’Europa diversa dalla nostra, non necessariamente peggiore e culturalmente inferiore, ma che certamente io non vedrò.

sabato 14 novembre 2009

L’Apparenza

L’Apparenza è un tema assai caro a Milan Kundera, ma più ancora è una delle icone della nostra epoca effimera: nessuno vi ride - direbbe André Suarès - perchè tutti vi recitano.
Nell’apparire si ritrovano tutte le qualità della farsa: il carattere popolare, la comicità buffonesca, le azioni veloci ricche di intrighi, equivoci e colpi di scena fugaci. Ma, soprattutto, l’incosapevolezza di essere l’intermezzo di spettacoli seri.
Basta osservare il cast. Spicca il professionista insopportabile, il travet trafelato, il sedicente distinto-distaccato, l’uomo vissuto, le estasiate professioniste della posa, il gaudente che stoicamente gusta un pezzo di polistirolo scambiato per cioccolato bianco, l’ardito settantenne che si esibisce alle percussioni, l’elemosiniere del regalo, la signora sfiorita che si rifà con il toupet.
È senza dubbio una farsa, una mera finzione. Tuttavia, se riusciamo a vederla per quello che è non dovremmo mai opporci alle sue tendenze: nessuno può avere un'idea corretta su ciò che non ha alcun valore intrinseco. L'importante è il buon senso, il mantenere un equilibrio tra palco e realtà.
E allora, viva la leggerezza (riecco Kundera), purchè non decada nella banalità: il superficiale è bello, se di qualità!
Il dramma si verifica quando i replicanti piu che a Kundera si ispirano (solo nel titolo, beninteso) ad Hugo.

domenica 1 novembre 2009

Il Rispetto

Sono ormai trascorsi molti mesi dall’epilogo della vicenda di Eluana Englaro, la bella ragazza costretta a 17 anni di stato vegetativo, a causa di un incidente d’auto.
Memorabile la tenacia del Papà Beppino che voleva interrompere l’artifizio di una vita che vita non era, contrastato dalla schiera di soloni che tutto sanno e ogni cosa dispongono, sulla pelle degli altri.
Ora il signor Englaro ha pubblicato un libro (“La vita senza limiti”) che ripercorre l’intera vicenda, a partire dall’incidente e fino all’atteso e conteso epilogo, attraversando il tormento di un Uomo solo (anche Saturna, la Mamma di Eluana, è ammalata e non è in grado di comprendere) sottoposto ad indicibile sofferenza, aggravata dalle pressioni “istituzionali” che per ragioni nobili, ma spesso assai poco nobili, si opponevano fortemente a che terminasse l’artifizio.
Pochi intravedevano e si preoccupavano della sofferenza profonda di un Uomo solo di fronte alla morte della propria Figlia. Ora, attraverso il suo libro, egli ha deciso di render pubblico e ricordare il proprio dolore.
“Per darle l’ultimo saluto volevo esser solo... Guardavo inebetito mia figlia, sola, al centro di una stanza troppo grande... e pensavo: se solo voi sapeste cosa signifaca dover attendere la morte e desiderarla come il minore dei mali non avreste inflitto ad Eluana lo strazio di tutti quei giorni in un letto, in balia degli altri.... Nel silenzio, ad un tratto ho riconosciuto la mia voce: addio Stellina mia, riposa in pace....”
John Osborne, nel suo “Look back in anger” fa dire a Jimmy Porter: “chi non si è visto morire un uomo tra le braccia soffre di un grave caso di verginità”. Ebbene, l’Italia, evidemente troppo presa da storie di donnine e trans, vive ancora uno stato di “innocenza” che non le consente di vedere, comprendere e rispettare il valore della Vita e la sofferenza dell’Uomo.

giovedì 22 ottobre 2009

Disegnare il Futuro con l’Esperienza del Passato

Sono in molti a ritenere che uno dei cambiamenti che caratterizzeranno lo scenario che verrà dopo l’odierna Tempesta sarà una maggiore valorizzazione della Donna, non solo nel suo ruolo nella società ma anche con l’assunzione di più incisive responsabilità in termini manageriali e perfino di leadership.

Suona, allora, opportuno il ricordo di una figura femminile che ha dato prova di grande visione, invidiabili capacità di innovazione, sensibile coraggio. Nicole-Barbe Clicquot Ponsardin, più nota come Veuve Clicquot, la Grande Dame de la Champagne, ha messo in luce due secoli fa le qualità che oggi sono richieste ad un manager, anzi ad un leader.

Nicole-Barbe Ponsardin sposa, nel 1799, François Clicquot, figlio del mercante di tessuti Philippe che, possedendo cinque ettari di vigneto, aveva cominciato a produrre e perfino esportare vino frizzante, allora non ancora noto come Champagne. Nel 1805, a soli 30 anni, François muore, costringendo la Veuve Clicquot Ponsardin ad occuparsi dell’azienda, stante anche l’età ormai avanzata del suocero Philippe Clicquot.

Grazie alla collaborazione del nuovo capo della Cantina Antoine Müller, Nicole-Barbe si dimostra una eccellente capitana d’impresa. Memorabile la “spedizione” di un carico di champagne a San Pietroburgo, beffando il blocco navale che serrava l’Europa continentale nel pieno del Tornado Napoleonico. Grazie a tale coraggiosa iniziativa la Maison conquista una posizione di assoluto rilievo nel mercato russo, posizione che tuttota la Veuve Cliquot detiene con una quota di mercato pari a circa il 50%. Straordinaria, inoltre, l’introduzione di nuove rivoluzionarie tecniche nel processo produttivo. Nicole-Barbe ed il Mastro Vinaio Antoine introdussero il “remuage” consistente nel riporre le bottiglie in apposite rastrelliere in legno con una inclinazione di 45 gradi verso il collo. Ogni giorno ciascuna bottiglia veniva rotata in modo da favorire il continuo accumulo verso il tappo di ogni residuo del processo di fermentazione poi facilmente rimuovibile al momento della sboccatura. Con la nuova tecnica della Veuve Clicquot lo Champagne non ha più bisogno di decantazione prima di esser servito.

Nicole-Barbe condusse direttamente l’azienda fino al 1841, pur se non ha mai lesinato consigli e raccomandazioni anche negli anni successivi, fino alla sua morte avvenuta, all’età di 89 anni, nel 1866.

Questa prestigioosa donna, riuscita ad imporsi quale illuminata impenditrice in un’epoca in cui gli affari erano rigorosamente riservati agli uomini, oggi più che mai costituisce un eccellente esempio per le giovani donne – e non solo! - proprio per quelle doti di visione, innovazione e coraggio che fanno un leader vero.

domenica 18 ottobre 2009

Una ipotesi...

Caro Mass,
ho letto della diatriba sui dessert tra te e Gustavo e ho realizzato che certe piacevolezze così raffinate mi danno un senso di stupore estatico, come una sublime opera d'arte! Di fronte a quel piatto avrei detto solo "che meraviglia!! " e forse non lo avrei mangiato per .....conservarlo!
Buona domenica!
Teresa

sabato 17 ottobre 2009

Un Dolce non vale l’altro !

Il mio amico Gustavo, con il Post pubblicato lo scorso 2 ottobre, ha suscitato più di qualche gelosia, quando non invidia. Certo non è per tutti partecipare ad una tale serata e, sopratutto, avere la fortuna di gustare piatti di quella squisita eleganza e di cosi raffinato sapore.
Tuttavia, anche a me – che sono di stampo un po' antico – è capitata proprio in questi giorni l’opportunità di partecipare ad una magnifica cena, offerta in un salone prospicente una graziosa terrazza che affaccia sui grattacieli illuminati di Singapore.
L’occasione? Gustare l’accoppiamento di vari champagne, beninteso della medesima lussuosa maison, con delicati raffinatissimi piatti quali Tartara di Toro con Caviale imperiale Oscientra accompagnato da La Grande Dame 1998, Terrina di Fois Gras con gelatina di champagne innaffiata da un V.C. Vintage Rich 1999, Lombata di Manzo con Scalogno e Funghi d’Autunno accompagnata da un V.C. Rosé 2002.
Ma è al momento del dolce che mi sono ricordato di Gustavo. L’Amaretto alla vaniglia accompagnato da un allegro champagne del 1999 valeva da solo tutta la piacevolissima serata!
Ecco la sua foto, caro Gustavo, che mi convince proprio che non tutti i dessert si equivalgono.......

mercoledì 14 ottobre 2009

Il Vero Artigianato

Ho partecipato, ieri sera, all’inaugurazione di una nuova (meravigliosa) Boutique di una primaria casa di moda.
Naturalmente c’era tutto il “bel mondo”, veniva offerto eccellente champagne che accompagnava squisiti “bocconcini”, eleganza varia svolazzava tra le diverse sale, fotografi molto professionali ritraevano gli ospiti. Insomma, proprio nulla mancava a questa bella serata!
Era impressionante la bellezza dei giovanissimi modelli (sopratutto canadesi e brasiliani) che non sfilavano, ma semplicemente sedevano in appositi angoli oppure restavano immobili chi in vetrina, chi nelle nicchie ove in genere vengono sistemati i manichini, proponendo il meglio della nuova collezione.
Mi ha anche colpito l’evoluzione della moda, fatta oggi non solo dal nuovo modello di abito, ma sopratutto da tessuti “antichi” che hanno recepito e fatto propria tutta la modernità delle nuove fibre, capaci di rispondere ad ogni esigenza dell’uomo moderno.
Mirabile la signorilità vera, l’efficenza cortese, la premura del vertice della Maison appositamente convenuto: certe qualità le acquisisci e divengono naturali per dna e non grazie ad arricchimenti improvvisi.
E, tuttavia, la figura che maggiormente mi ha copito è stata la signora che creava una meraviglia di cravatta in venti minuti. Tu sceglievi il tessuto (straordinario) dal design preferito e Lei con mani sapienti segnava col gesso il contorno, lo ritagliava, avviava la cucitura dei bordi, inseriva la fodera, dava forma con precisione alla nuova cravatta che completava con l’etichetta. Dopo una leggera stiratura te la porgeva proprio come un fiore che accopagna un gioiello. Che meraviglia....
Questa Signora, che ha ereditato tale arte da sua madre, rappresenta l’icona di un artigianato antico e modernissimo: la qualità del tessuto, la sobria ricchezza del design, la sapienza antica di mani gentili: l’essenza di un “made in Italy” che nessuna deformazione della globalizzazione potrà mai portarci via e che, ancora una volta, mi ha dato il brivido dell’ogoglio di esser Italiano.

sabato 3 ottobre 2009

Nuova Arte Culinaria

Caro Mass,
consentimi di raccontarti una mia recente esperienza. Sono stato tra gli ospiti di una serata (roba seria, black tie!) che celebrava e premiava alcuni tra i migliori chef della Regione nella quale vivo. La cena era articolata su quattro portate, ciascuna opera di uno Chef di differente cultura culinaria. Inoltre, un Sommelier aveva identificato, per ciascun Piatto, un vino sublime.
Insomma, caro Mass, la serata si presentava davvero memorabile. Gli aperitivi, serviti nel foyer, lasciavano già intravedere le mirabilie che ci aspettavano. Maestri dell’aperitivo si superavano in colorati e fantasiosi cocktail accompagnati da stuzzicanti amuse-gueules. Siamo stati poi ammessi nella Sala ove si svolgeva la cena, subito apparsa in tutta la sua raffinata eleganza. Camerieri esperti servivano con sapiente professionalità i vari piatti che, come ti dicevo, volevano esaltare la magnificenza delle differenti cucine, pur condotte ad unitarietà nella sublimazione dell’Arte Culinaria.
Siamo passati dalla vellutata gelatinosa di carciofo botan ebi al merluzzo nero del Canada scottato accompagnato da poha e gamberetti Balchao e Kokum Kadi. Infine, abbiamo potuto gustare la guancia di maiale grigliata servita con purè di zucca, kai lan e zenzero croccante . Ma il vero coup de théâtre è giunto con il desser proposto dalla giovane (27 anni) Chef J. W. , certamente una promessa della Cucina Mondiale. Non ho potuto astenermi dal ritrarre questo piatto, il Cubo di Guava con lemon-grass di Lapsang e yuzu. Spero ti faccia piacere condividere con me questa immagine, icona della Nuova Arte Culinaria...



Un caro saluto
Gustavo

domenica 27 settembre 2009

Il Santo Niňo

Nel suo viaggio alla ricerca di una via per raggiungere l’Oriente da occidente, Ferdinando Magellano giunse a Cebu, nelle odierne Filippine, nella primavera del 1521. Per sugellare l’alleanza stretta attraverso Magellano tra Carlo I di Spagna e il capo dell’isola Raja Humabon, il 14 aprile 1521 Raja Humabon e sua mogle Hara Amihan furono battezzati assumendo i nomi di Carlos e Juana. Per l’occasione Magellano offrì a Hara Amihan-Juana un statua di Gesu Bambino, il Santo Niňo.

Tuttavia, poco dopo scoppiò il conflitto con le tribu della contigua isola di Mactan, ove Magellano trovò la morte, e la spedizione europea riprese il mare verso la Spagna.

Gli spagnoli tornarono nelle Filippine nel febbraio 1565 e a Cebu si insediarono i Baschi di Miguel Lopez de Legazpi (il futuro fondatore di Manila) che il 27 aprile sconfisse Raja Tupas, nipote di Raja Humabon e nuovo capo di Cebu. In una capanna bruciata il soldato Juan Camus ritrovò il Santo Niňo quasi intatto. L’evento fu immediatamente ritenuto miracoloso e sul posto venne eretta una chiesa.

Oggi la Basilica Minore costituisce uno dei luoghi più significativi di Cebu, sopratutto nel mese di gennaio quando, nella terza domenica, viene celebrata la Festa del Santo Niňo a cui si associano i festeggiamenti detti, dal movimento della danza che li accompagna, Sinulog.

Gioiose danze e coloratissimi rituali ricordano il passaggio dall’animismo al cristianesimo e l’intera isola è avvolta in questa gaia atmosfera. I partecipanti indossano abiti coloratissimi e danzano nelle strade al ritmo di tamburi, gong e trombe.

Il Santo Niňo è anche considerato il Patrono delle cause perse, ma più interessante è rilevare le ambiguità suscitate circa il proprio genere, a causa delle fattezze, dell’espressione del viso e della capigliatura del Santo Niňo. Forse sarà anche per le “estroverse” celebrazioni che accompagnano i festeggiamenti, ma è significativo che una immagine del Santo Niňo è presente in ciascuna delle case degli omosessuali credenti delle Filippine.

mercoledì 23 settembre 2009

Onore ai Caduti. Folgore!

Grazie ad internet e non senza commozione, ho potuto assistere in diretta alla cerimonia funebre in onore dei sei Uomini caduti a Kabul!
Mi ha colpito il dolore composto e la fermezza degli intervenuti, in primis, dei figli e delle mogli dei Caduti. Ho apprezzato l’omaggio delle Frecce Tricolori perchè un Paese – una volta si diceva Patria – deve saper onorare con riconoscenza Chi offre la propria vita per Esso (o Essa) !
Mi ha toccato il grido severo, che diveniva urlo, fino a diventare orgoglioso ringraziamento e presenza determinata (alla Basilica di San Paolo, a Kabul, ovunque ce ne sia bisogno) dei militari di oggi e di ieri: Folgore! Mi ha ricordato il grido U – S – A scandito dai pompieri a Ground Zero: lo stesso sgomento, la stessa determinazione a proseguire, nei nostri Valori, il nostro stile di vita che oggi come non mai sembra esser pesantemente sotto attacco.
John F. Kennedy sosteneva che difendere la Patria è una missione difficile, a volte drammatica, che può richiedere il sacrificio della vita. E, concludeva JFK il cui fratello maggiore è caduto nella guerra del Pacifico, ne valeva e ne vale la pena.
Certamente sarà terribilmente difficile per i bambini e per i familiari dei Caduti proseguire il loro cammino della vita e neppure la nobiltà dell’eroismo dei propri Cari, a volte, basterà a render più lieve il loro viaggio.
Resta, però, la gratitudine per il Loro Sacrificio supremo a difesa dei nostri Valori più profondi e dello stesso nostro Mondo che neppure la sguaiata incongruità di taluni personaggi pubblici potrà mai offuscare.

sabato 19 settembre 2009

Mediterraneo

Non è il mare più esotico e non ha nemmeno il fascino della distanza, ma il Mediterraneo è certamente tra i mari più belli al mondo.
Natura, paesaggi, cultura, vita, il Mediterraneo offre tutto questo. E di più!

La Vegetazione



La mia finestra sul Mediterraneo



Il Blu



Al Mare, Al Mare ....



La Roccia scende al Mediterraneo



Etna: Quando la Natura puo' Esser Matrigna



Ma la Vita ricomincia e vince sempre !



Siracusa



Dioniso ci ascolta



Piazza Armerina



Monreale: la ricchezza della diversita' culturale



Sul mare di Sorrento il Ferragosto lo si saluta cosi



... e c'è chi ha bisogno dell'elicottero per andare per mare ......



Un veliero! Salpiamo ......

giovedì 10 settembre 2009

Anniversari

La data dell’11 settembre viene oggi comunemente associata all’immane tragedia dell’attentato alle Torri Gemelle di New York e all’inizio dello “scontro delle civiltà” ben delineato da Samuel Huntington.
Molti di coloro che, invece, hanno almeno la mia età ricordano l’11 settembre del 1973, quando un colpo di stato abbattè Salvatore Allende in Cile.
Un altro 11 settembre (dell’anno 1683) costituisce una data di elevato significato per l’Occidente poichè quel giorno fu travolto l’esercito ottomano che aveva posto l’assedio a Vienna, capitale dell’Impero Asburgico.
Forte di un’armata di 140mila uomini, il Gran Visir Merzifonlu Kara Mustafa Pasha aveva posto l’assedio a Vienna il 14 luglio 1683.
Il sopraggiungere dei rinforzi tedeschi, ma sopratutto della Cavalleria polacca guidata da Giovanni Sobieski, galvanizzò gli assediati e costrinse i turchi all’attacco nel tentativo di interrompere il dispiegamento delle forze che la Lega Santa stava ultimando.
La battaglia ebbe inizio all'alba dell’11 settembre 1683, subito dopo la messa celebrata dal cappuccino Marco d'Aviano. I turchi pagarono l'errore di non essersi preparati a difendersi dalle forze provenienti dal nord, trovandosi con l'élite del loro esercito (i Giannizzeri) schierata presso le mura che erano ancora in piedi.
Nel tardo pomeriggio, dopo aver seguito dalla collina l'andamento dello scontro, 4 divisioni di cavalleria (1 tedesca e 3 polacche) scatenarono l’attacco guidati da Giovanni III Sobieski in persona.
Un cronista turco al seguito degli ottomani così descrive l'arrivo dell'armata del Sobieski
"Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Arrivavano con un'ala di fronte ai valacchi e moldavi addossati ad una riva del Danubio e con l'altra ala fino all'estremità delle divisioni tartare, coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi".

Va sottolineata la rara lungimiranza del Sobieski che portò aiuto incondizionato a Leopoldo d’Austria, nonostante il suo regno fosse drammaticamente impegnato nelle lotte altrettanto crude con i vicini di Svezia e di Russia. Egli aveva compreso che la caduta di Vienna avrebbe spalancato ai turchi le porte di tutta l’Europa, compresa la Francia di Luigi XIV che si ostinava in una politica di neutralità.
Oltre che costituire un momento drammaticamente cruciale per l’Europa, la Battaglia di Vienna ci ha lasciato due eridità di costume: il caffè ed il croissant.
Il primo, fino ad allora poco diffuso in Europa, trovato in quantità notevoli nell’accampamento precipitosamente abbandonato da Kara Mustafa, fu donato da Giovanni Sobieski a Franciszek Jerzy Kulczycki in segno di riconoscenza per le informazioni sulla consistenza e la collocazione delle truppe ottomane. Kulczycky, con il nome germanizzato di Franz Georg Kolschitzky, già nel 1684 aprirà la prima caffetteria viennese, fra le prime in Europa. Oggi la sua Bottega del caffè non esiste più, ma permane il suo nome al quale è intitolata la via che l'ospitava, Kolschitzky-gasse, mentre una sua statua, posta sullo spigolo del palazzo d'angolo della strada stessa, lo ritrae vestito da turco con una caffettiera in mano.
Infine, per celebrare lo scampato pericolo, dopo l’assedio i pasticceri viennesi crearono il croissant, chiamato nel mondo germanico gipfel, cornetto, ispirandosi alle insegne ottomane. Infatti, il francese croissant si traduce in italiano crescente e si presenta come un cornetto.

domenica 23 agosto 2009

Il Riverbero del Tempo

La bellezza naturale dei luoghi, la ricchezza dei colori, la pluralità dei sapori, fanno di una vacanza in Sicilia una esperienza unica.
Puoi assaporare gusti che pensavi sopiti per sempre, godere dello spettacolo che la natura propone sotto molpeplici forme e colori, rivivere le vestigia di tempi che, proprio perchè assai lontani, devono esser stati di tale grandezza e splendore da aver lasciato una eredità così importante e ancora oggi fruibile.
Ma una vacanza in Sicilia non può non prevedere un passaggio da Siracusa. La città è interessante sotto molteplici aspetti: il Teatro Greco riesce a rendere “contemporanea” la grandezza della civiltà dalla quale proveniamo, il Centro Storico di Ortigia, meravigliosamente salvaguardato e valorizzato, costituisce un eccellente esempio di come sia possibile coniugare l’antico col moderno. Ma Siracusa richiama alla mente innanzitutto la grandezza di Archimede.
Matematico e fisico, il suo nome è tuttora legato a innummerevoli scoperte ed invenzioni: dal π (rapporto tra circonferenza e diametro) alla formula per calcolare l’area di un segmento parabolico, dagli studi dei solidi generati per rotazione alle iperboli e parabole generate intorno all’asse, fino all’invenzione della carrucola, delle paranche, della ruota dentata.
Il nome di Archimede è anche legato alla teoria delle leve, alle teorie del baricentro, all’idrostatica. Tuttavia, Egli è anche ricordato per la preziosa opera prestata in occasione della difesa di Siracusa contro l’assedio dei Romani guidati da Marcello. Fece costruire macchine per lanciare dardi e sassi a grande distanza e, con un ingegnoso sistema di specchi ustori, riuscì ad incendiare diverse navi romane assedianti.
Secondo la tradizione, alla presa di Siracusa, nel 212 a.C. nel pieno della guerra contro Annibale, Marcello aveva ordinato che il Grande Scienzato fosse risparmiato. Archimede, tuttavia, tutto preso nella risoluzione di una sua formula, non si avvide di un soldato che gli parlava e questi, non ricevendo alcuna risposta, irritato lo uccise, troncando così il contributo del Grande Scienziato all’Umanità.
Ma un quesito ha accompagnato il mio viaggio di ritorno: chi è l’Archimede dei nostri giorni? E, sopratutto, chi meglio impersona il soldato di Marcello che, irritato per la mancata risposta, uccise Archimede?

lunedì 20 luglio 2009

Un Dramma che Suscita Ilarità

Caro Mass,
mi pemetterai di ricordarti che siamo in piena estate e, quindi, che ci meritiamo qualcosa di meno impegnativo rispetto ai tuoi ultimi pur interessanti post.
Allora, volevo segnalarti che Il Messaggero on line ha riportato la notizia di una coppia (lui parrucchiere quarantenne, lei impiegata trentacinquenne) che, partita in luna di miele a Maurutius, ha visto naufragare il proprio matrimonio dopo una sola settimana.
Il novello sposo, infatti, declinata una richiesta della sposina di esser accompagnata in una escursione, si è visto colto in flagranza dalla donna, rientrata all'improvviso nel suo bungalow a causa di un temporale. Il parrucchiere si “intratteneva” con un'altra, anch’ella in viaggio di nozze!
Dopo l'inevitabile scenata, la sposina ha preso il primo volo disponibile per l'Italia e si è rivolta all’Avvocato Orecchioni per avviare la causa di annullamento del matrimonio appena celebrato.
Proprio tale ultimo particolare ha suscitato l’ilarità di un lettore che, firmandosi ‘Uno’, ha commentato: “scusate non riesco a trattenermi. Dopo tutto sto popò di impicci, pure l'avvocato Orecchioni. Ahahahahahahahah””
Un caro saluto
Gustavo

domenica 19 luglio 2009

Se Seicento Anni Vi Sembran Pochi

Alcune recenti inziative della Banca d’Italia nei confronti di Zopa hanno portato all’attenzione del grande pubblico l’emergere, anche in Italia, di un fenomeno – il prestito sociale – che ha già qualche anno di vita in diversi altri paesi, evidentemente più inclini a nuove pratiche mercantili ed anche sociali.
In sostanza il “social lending” utilizza la rete per mettere in contatto chi offre una somma di denaro con chi ha bisogno di contrarre un prestito. L’intemediario (in Italia fin’ora la britannica Zopa e l’olandese Boober) attribuisce un “rating” di solvibilità al richiedente e “spalma” in numerosissime operazioni il capitale offerto dal prestatore, in maniera da ridurre notevolmente il rischio per colui che offre il proprio denaro. I due attori stabiliscono direttamente le condizioni in termini di durata, tasso etc, che quindi mutano continuamente.
In realtà tale pratica non è per nulla nuova, se solo si risale alla funzione svolta nel passato da certe comunità ed etnie, in maniera da poter aggirare le proibizioni imposte agli appartenenti a determinate fedi religiose che proibisconono il prestito con interessi.
Sta di fatto che l’affermarsi di comunità virtuali anche per i prestiti suona anche come una bocciatura per il sistema bancario ed il ruolo non secondario svolto da certe banche nel pervenire alla situazione che ha determinato la crisi nella quale il mondo intero si dibatte.
C’è chi ha rilevato come la banca moderna – concepita in Toscana circa 600 anni fa – abbia impiegato sei secoli per offrire un servizio a cui ricorre meno di un terzo della popolazione mondiale. Il telefono cellulare, nato solo trentanni fa, è già utilizzato con soddisfazione dai due terzi della popolazione mondiale!

mercoledì 15 luglio 2009

Petimus Bene Vivere

Caro Mass,
permettimi di intervenire a commento del tuo interessante post sugli effetti della crisi, o meglio sul tuo quesito inespresso se la crisi non rischi in realtà di lasciare le cose come stavano, senza quella funzione catartica che molti, invece, prevedono e perfino si attendono dalla presente Tempesta, come tu la chiami.
Gianni Riotta ha recentemente ricordato come già vent’anni fa Fukuyama aveva intuito che le ideologie figlie della Rivoluzione Francese declinavano allo schiudersi dell’era informatica. Abbiamo assistito, in un volgere evidentemente troppo breve, al tumultuoso passare di un miliardo di esseri umani dalla fame a uno stato più dignitoso e mezzo miliardo di loro, tra Cina ed India, divenire ceto medio. Per costoro ieri il miraggio era una ciotola di riso oggi il sogno (spesso realizzabile) si chiama Louis Vuitton o Prada.
Ma nel contempo il mondo, perduto il proprio ordine e, forse, perfino le potenze egemoniche ma stabilizzanti, si dibatte nella ricerca di un nuovo ordine planetario per uscire dal presente caos.
Mai più di oggi suona appropriata la saggezza di Orazio, Strenua nos exercet inertia: navibus atque quadrigis petimus bene vivere... (Un'inerzia irriducibile ci frustra e andiamo per mari e terre inseguendo la felicità…)
Un caro saluto
P. Agora

domenica 12 luglio 2009

Gli Effetti della Crisi ?

Singapore, a giusto titolo considerata una delle più importanti economie di servizi, ha deliberatamente scelto di mantenere almeno ad un quinto il contributo alla composizione del Prodotto Interno Lordo dal settore industriale. E’ un dato importante se, ad esempio, si considera che nel Regno Unito meno del 14% del Pil proviene dalla produzione di beni.

Quindi, la tendenza alla “terziarizzazione” sembra compiuta e non meraviglia la composizione della classifica 2009 delle principali 500 aziende al mondo che Fortune redige annualmente.

Ai primi posti si collocano - con fatturati ed utili ben superiori alla maggior parte degli Stati del mondo – aziende petrolifere (ben sette tra le prime nove) e di servizi (distribuzione organizzata, assicurazioni, banche). Solo al decimo posto troviamo la prima impresa industriale, la giapponese Toyota, peraltro solo al 30˚ posto per numero di dipendenti.

Non può sorprendere, ovviamente, l’importanza sempre maggiore che assumono le imprese delle tecnologie. Dopo le “scontate” General Electric (dosicesima) e Siemens (trentesima), si afferma la HP, al trentaduesimo posto con 120 miliardi di dollari di fatturato ed utili ben superiori ad una “manovra” finanziaria italiana. HP, Hewlett e Packard: ricordate i due giovani studenti che nemmeno trent’anni fa, in un garage della periferia di Los Angeles, avevano intuito che il computer non era una macchina per la gestione di gigantesche burocrazie, ma poteva servire per comunicare tra individui?.

E l’Italia? Sono dieci le aziende italiane nella classifica di Fortune. Forse non male per un paese che ha eletto le medie e le piccole imprese ad icona del proprio modello di sviluppo. Dopo l’ENI (17ˆ non solo grazie ai picchi del prezzo del petrolio registrati lo scorso anno), vi si trovano Generali, Uncredit, Enel e Fiat.

Ma una domanda aleggia prepotente: è questa la scala dei “valori” delineata dalla “Tempesta” provocata dalla crisi nel quale il mondo si dibatte?

domenica 28 giugno 2009

Lezioni di Vita

Prima Lezione
Uno studente di medicina, dopo qualche mese di università, ad uno dei suoi primi esami. Gli fu somministrato un questionario. Essendo un buon allievo, egli rispose prontamente ad ogni domanda salvo l’ultima che era: “Qual’è il nome della donna delle pulizie della facoltà?” Nel consegnare il proprio compito, chiese al professore se l’ultima domanda del test avrebbe contato per il voto. “E’ chiaro!” rispose il professore. “Nella vostra carriera incontrerete molte persone. Hanno tutte il loro grado di importanza e meritano tutte la vostra attenzione, anche semplicemente con un sorriso od un ciao”. Quello studente non ha mai dimenticato che il nome della donna delle pulizie della facoltà era Marianna.

Seconda Lezione
In una notte di pioggia una signora di colore era sul lato della strada con l’auto in panne. Il temporale era tremendo e la donna, che aveva disperatamente bisogno di aiuto, cominciò a fare segnali alle auto che passavano. Un giovane bianco, come se non conoscesse i conflitti razziali che laceravano gli Stati Uniti negli anni ’60, si fermò ad aiutarla. Il ragazzo la portò in un luogo protetto, le procurò un meccanico e le chiamò un taxi. La donna sembrava aver davvero molta fretta, ma nel ringraziare il suo soccorritore riuscì ad annotare il suo nome ed indirizzo. Passati sette giorni, qualcuno bussò alla porta del ragazzo. Gli fu recapitato un enorme pacco contenente un grande TV a colori accompagnato da un biglietto che diceva: “molte grazie per avermi aiutata. La pioggia aveva inzuppato i miei vestiti ed il mio spirito ed in quel momento è apparso lei. Grazie a lei sono riuscita ad arrivare al capezzale di mio marito moribondo poco prima che se ne andasse. Dio la benedica per avermi aiutato. Sinceramente, Mrs. King Cole”

Terza Lezione
Tempo fa, quando il prezzo dei gelati era più contenuto, un bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino. “Quanto costa un Sundae?” chiese ad una cameriera. “Cinquanta centesimi” rispose lei. Il bambinio prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle. “Quanto costa un gelato semplice?” In quel momento c’erano altre persone che aspettavano e la ragazza cominciò a perder la pazienza. “35 centesimi” gli rispose la ragazza in maniera un po’ brusca. Il bambino contò ancora una volta le monete e disse “allora mi porti un gelato semplice”. La cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì. Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo si commosse. Ad un angolo del piatto c’erano quindici centesimi di mancia per lei. Il bambino aveva chiesto il gelato semplice e non il Sundae per riservare una buona mancia alla cameriera.

Quarta Lezione
Una antica favola racconta che un re fece collocare una pietra enorme in mezzo ad una strada. Quindi, nascondendosi, rimase ad osservare per vedere se qualcuno si prendeva la briga di togliere la grande roccia in mezzo alla strada. Alcuni mercanti ed altri sudditi molto ricchi passarono e si limitarono a girare intorno alla pietra. Alcuni persino protestarono contro il re perchè non manteneva le strade pulite. Ma nessuno provò a rimuovere la pietra da lì. Ad un certo punto passò un campagnolo con un grande carico sulle spalle; avvicinandosi all’immensa roccia poggiò il carico a lato della strada tentando di rimuovere la grande pietra. Con molta fatica riuscì finalmente a muovere la roccia spostandola al bordo della strada. Tornò a prendere il suo carico e vi trovò anche una piccola borsa che conteneva molte monete d’oro e una lettera scritta dal re che diceva che quell’oro era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada. Il campagnolo imparò quello che molti di noi neanche comprendono: tutti gli ostacoli sono un’opportunità per migliorare la nostra condizione.

martedì 23 giugno 2009

LECTIO MAGISTRALIS

Dal Blog “La Deriva” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo
Corriere della Sera (15.6.2009)

Vogliamo rileggerla parola per parola, la «lezione» di democrazia data all' università di Roma da Muammar Gheddafi, al potere solitario da 40 anni esatti senza la scomodità delle elezioni? Trascrizione testuale stenografica: «La definizione di democrazia... Prima di tutto la democrazia è una parola araba che è stata letta in latino. Democrazia: demos vuol dire popolo. Crazi in arabo vuol dire sedia. Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie. Questa è l' origine etimologica della parola». «Se noi ci troviamo in questa sala siamo il popolo, seduti su delle sedie, questa andrebbe chiamata democrazia, cioè il popolo si siede su delle sedie. Invece se noi prendessimo questo popolo e lo facessimo uscire fuori, se avessimo invece preso dieci persone e le avessimo fatte sedere qua, scelte dalla gente che stava fuori, e loro invece sono seduti qua, quei dieci, questa non sarebbe da chiamarsi democrazia. Questa si chiamerebbe diecicrazia. Cioè dieci su delle sedie. Non è il popolo a sedersi sulle sedie, questa è la democrazia. Finché tutto il popolo non avrà la possibilità di sedersi tutto quanto sulle sedie, non ci sarà ancora democrazia». «Se noi diciamo che il popolo italiano conta 50 milioni, togliendo i bambini e gli anziani ne rimarrebbero diciamo 30 milioni. Li suddividiamo in mille congressi. Ogni congresso sarà composto di 10 uomini, oppure li suddividiamo in 2.000 congressi così ogni congresso viene a trovarsi composto da 5.000 persone. Come questa sala ce ne saranno altrettante 2.000 sale in Italia. In ogni sala ci saranno 5.000 persone. Quando moltiplichiamo i 5.000 per 2.000, il numero delle sale, troveremo che tutto il popolo italiano avrà potuto sedersi su delle sedie del potere. Si devono fare 2.000 sale uguali a questa, in tutte le città italiane, in tutti i villaggi italiani. Se gli abitanti di ogni zona si siederanno, uomini e donne nella loro sala, e proponessero qualsiasi legge... «Supponiamo che facciano una legge sul trattamento da riservare agli immigrati: tutto il popolo italiano studierà la legge seduto su delle sedie. Questi sono i congressi del popolo. E ogni congresso esprimerà la propria opinione sulla legge che sta esaminando. Poi tutti i delegati di questi congressi giungeranno a Roma, ci saranno 2.000 persone e ognuno porterà l' opinione del suo congresso espressa durante la discussione. Poi vengono formulate queste opinioni insieme per farne uscire un' unica legge dove vengono osservate e tenute in considerazione le opinioni di tutto il popolo. Viene emanata questa legge e questa rappresenterà la volontà del popolo italiano». «Se per caso si intende mandare un esercito per combattere in Afghanistan, presentiamo questa proposta ai 2.000 congressi italiani dove si trova tutto il popolo italiano. E ogni congresso esprimerà la sua opinione circa l' invio di forze in Afghanistan e i delegati porteranno l' opinione dei loro congressi. E viene formulata una legge fatta secondo le decisioni del popolo italiano. Verrà emanata questa legge e tutti dovranno comportarsi secondo i dettati di questa legge. Quindi, queste sono delle leggi emanate dal popolo. Questa è una politica designata dal popolo. Questa è la democrazia». «Ora in Libia, abbiamo 30 mila congressi, comunità. Ogni comune è composto da un centinaio di persone, così fanno 3 milioni. Questo è il numero dei cittadini libici che possono praticare il potere, gli altri sono minorenni, bambini, hanno meno di 18 anni o sono malati o sono assenti. Questi che praticano, esercitano il potere in Libia nessuno li ha eletti, eppure il popolo è lì. Tutti sono politici. Il popolo non accetta di eleggere una persona che lo comanda. Che lo governa». «L' alternanza del potere vuol dire che c' è della gente che si prende e si trasmette il potere tra di loro. Se ci fosse democrazia non ci sarebbe un' alternanza di potere. La democrazia significa il popolo che detiene il potere. Come fa a consegnarlo a uno? Il popolo reale ha il potere. E' per la democrazia popolare diretta. Come potrebbe eleggere delle persone perché lo governassero? Qualsiasi popolo che sia giunto al potere come lo è il popolo libico non lo cederà assolutamente. Il popolo libico è ormai arrivato alla fine del cammino, ossia l' esercizio della democrazia popolare diretta. Auguriamo che la raggiungano anche il popolo italiano e gli altri popoli del mondo. Finché ci sono le elezioni c' è la "rappresentanza" del popolo». Ora: in nome del bene comune o almeno del danno minore ogni uomo di governo ha il dovere (non il diritto: il dovere) di cercare accordi, se possibile e senza vendere l' anima, con tutti. Tutti. Nei rapporti internazionali è così: non sempre puoi sceglierti il vicino. E neanche l' interlocutore. Né si poteva pretendere che Luigi Frati, il ruspante rettore della Sapienza celebre per aver allestito nell' aula magna di medicina la festa di nozze della figlia Paola (docente della sua stessa facoltà come anche la moglie Luciana e il figlio Giacomo) sapesse l' arabo e chiedesse perciò lumi al Rais sul fatto che in arabo «popolo» si dica «shàb». Ma al di là del dubbio che perfino sull' etimologia araba di «democrazia» l' estroso dittatore si sia preso lo sfizio di prendere per i fondelli tutti, che senso c' è a offrire una tale passarella accademica nella più grossa università italiana, con inchini e salamalecchi e perfino uno stupefacente applauso dopo la sparata contro le elezioni, per una «lectio magistralis» di questo genere?
Pubblicato [su Corriere della Sera] il 15.06.09 18:28

domenica 21 giugno 2009

Una Magnifica Sorpresa

Era visibilmente stanco, con la sua borsa del lavoro ed un sacchetto degli acquisti. Ma era chiara la sua profonda sorpresa, al limite dello sbigottimento. Non appena aperta la porta della sua bella casa, si era ritrovato di fronte a tutti i suoi Amici che erano convenuti per festeggiarlo.
La sorpresa era stata organizzata da sua moglie. Con grande discrezione ed impareggiabile capacità aveva invitato gli amici più cari, preparato un raffinato ricevimento, predisposto ogni dettaglio. Ripresosi dalla sorpresa - assai piacevole -gli era anche passata tutta la stanchezza della lunga giornata e con un dolce sorriso aveva cercato sua moglie per darle un bacio di ringraziamento.
Ma in realtà la sorpres non era ancora finita. Mentre, infatti, sorseggiava il suo prosecco ( convinto sostenitore che gli ottimi Valdobbiadene siano migliori di molti champagne) le luci si sono abbassate e, al ritmo di una musica araba, sono comparse dal nulla due danzatrici del ventre che hanno iniziato una magnifica performance. Impareggiabile questa Donna...
Ormai dal suo viso era sparito ogni segno di stanchezza ed i suoi occhi erano illuminati dal sereno piacere di quella bella festa. Era il suo compleanno che avrebbe dovuto celebrare in un bel ristorante ma in maniera tutto sommato anonima, lontano dal calore dei suoi amici, senza quei piatti vari e prelibati.
In una comoda poltrona era seduta una giovane ragazza che lo guardava felice: era davvero contenta di vederlo sereno. Sembrava perfino aver perso, almeno per quella sera, quella vena di sottile tristezza che sempre attraversa i suoi begli occhi e che lei, che lo conosce bene, sa riconoscere.

domenica 7 giugno 2009

Dietro la Seta… il Mistero

Sono belle queste sete, dai colori armoniosi e con desegni delicati che avvolgono nel morbido lusso proprio della seta. Sono di Jim Thompson, importante casa asiatica di produzione e commercializzazione di prodotti in seta per la persona e per la casa.

Il solido successo di questa Maison risale al dopoguerra, quando un americano di mezz’età – James H.W. Thomson, nato nel Delaware il 21 marzo 1906 - abbandonò la sua precedente vita per trasferirisi in Asia e creare la Jim Thomson Thai Silk Company. Con la sua fortuna e grazie ai suoi studi in architettura (in verità mai terminati) si costruì una casa e mise assieme una collezione d’arte che ancora oggi costituiscono una delle più interessanti attrattive di Bangkok.
Ma un mistero avvolge la fine di Jim Thomson che è svanito nel nulla nella domenica di Pasqua del 1967. Era a Cameron Highlands, esotica stazione turistica nel centro della Malesia nota per le dolci piantagioni di the. E’ stata rilevata la curiosa circostanza che al momento del suo allontanamento Jim Thomson ha lasciato le sigarette ed una piccola "jungle box" sulla sedia giusto fuori il Moonlight Cottage, circostanza che, appunto, lascia supporre che Jim non prevedesse di allontanarsi a lungo.
Supposizioni e teorie, plausibile e ridicole, si sono susseguite. Qualcuno ha voluto perfino vederci una relazione con il suo presunto ruolo di agente della CIA. Forse, più banalmente, Jim ha subito una rapina o un assassinio accidentale o, addirittura, egli è rimasto vittima di una delle trappole per animali che gli Orang Asli, gli aborigeni malesi, ancora in quegli anni, ponevano nella regione e magari chissà ricevendo perfino sepoltura da parte di una tribù locale responsabile dell’incidente.
Il caso di Jim Thomson ha ispirato William Warren che nel 1970 ha scritto “The American Legend” e più recentemente “The Unsolved Mystery”. In America, nel 1986, ”The case of the Silk King” fu alla base della serie per ragazzi “Choose Your own Adventure”.
Anche noi abbiamo misteriosi casi di simili sparizioni, dall’economista Federico Caffè allo scienziato Ettore Maiorana. Ma da noi manca l’esotico fascino dell’Asia...

giovedì 7 maggio 2009

La Scimmia e lo Scimpanzé

Ho avuto la fortuna (perché di questo si tratta) di assistere ad un seminario svolto da uno straordinario professore del Kennedy Institute dell’Università di Harvard, in occasione dell’Assemblea Annuale di un primario Organismo Internazionale alla quale ho avuto l’onore di partecipare, in una meravigliosa isola in Asia.
Il Professore, già Ministro delle Finanze di un importante paese dell’America Latina, ha svolto il suo seminario sul tema della diversità della distribuzione della ricchezza tra i diversi paesi e le ragioni dello sviluppo ineguale, anzi sempre piu ineguale.
Il geniale Professore si è servito, per la sua avvincente illustrazione, di un suo modello basato sulla teoria che io qui chiamo della Scimmia.
Partendo da osservazioni risalenti anche ai classici del pensiero economico, il Professore ha sostenuto che in realtà lo sviluppo (di nuove idee, di nuove ricerche, dell’applicazione dei risultati di tali nuove ricerche, etc,) beneficia della contaminazione che deriva ed è determinata dalla prossimità. In Finlandia, la produzione del legno, che avrebbe potuto portare semplicemente allo sviluppo di una fiorente industria del mobile, è stata alla base di un processo di sviluppo tecnologico (macchine per il taglio e la prima lavorazione del legno sempre più evolute e sofisticate, con tecnologie poi applicabili anche ad altri settori) che è approdato alla Nokia, uno dei giganti non solo della telefonia mobile ma sopratutto della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie.
Parimenti, quindi, grazie alla prossimità, si assisite allo sviluppo di nuove tecnologie, nuovi prodotti, nuove industrie in luoghi ove già sussiste un humus che, contaminato, fa germogliare tali semi.
Il Professore ha, quindi, suggestivamente sostenuto che il mondo (economico) è equiparabile ad una foresta: tanto più sono vicini i vari alberi (paesi, regioni, industrie) tanto più facilmente la Scimmia (lo sviluppo, la ricerca, le nuove tecnologie) salta da un albero all’altro. Ciò spiega la concentrazione non della ricerca ma della sua applicazione in paesi ed aree già e sempre più sviluppati.
Un signore del pubblico, proveniente da un importante paese in via di sviluppo, ha chiesto all’illustre Professore cosa prevedesse il suo modello qualora nel suo percorso di salti da un albero all’altro la Scimmia sia impedita nel suo approdo ad un determinato albero sul quale si è installato un grande Scimpanzé. Molto più modestamente mi sono domandato quali possano esser i vincoli che taluni aspetti culturali e perfino religiosi possono giocare nello svolgimento del percorso della Scimmia saltellante.
Ho lasciato il seminario inebriato dalla sapienza dell’oratore. Eppure un quesito sin da allora non mi abbandona. La teoria del Professore è assolutamente affascinante e fondata. Tuttavia, ho quasi il timore che il modello sia troppo perfetto ed eccessivamente rigido. E la rigidità di modelli sofisticati e perfetti ha portato alla crisi nella quale il mondo di oggi si dibatte. Forse, talune variabili (di ordine culturale, sociale, etc.) che sfuggono alla perfezione di algoritmi e modelli matematici tanto sofisticati giocano alla fine un ruolo assai più decisivo di quanto lo schema stesso non consideri. La bolla finanziaria, in un mondo perfetto che non aveva bisogno di regole, che sembrava aver abbattuto ogni barriera che potesse ostacolare il proprio spaventoso sviluppo globale……

domenica 26 aprile 2009

Una Rondine Non Fa Primavera !

Personalità anche molto autorevoli, negli ultimi giorni, hanno reso dichiarazioni positive, quando non ottimistiche, circa l’evoluzione della crisi. Sembra quasi che il peggio sia passato e che siamo sul punto di venirne fuori. D’altra parte anche le borse sembrano portare argomenti a tali “osservatori”.
Il Dow Jones, sebbene ancora in negativo di oltre 8 punti rispetto all’inizio dell’anno, negli ultimi due mesi ha recuperato oltre il 14%. Il Nasdaq ha fatto perfino meglio avendo guadagnato circa un terzo negli ultimi due mesi, confermando la netta ripresa negli ultimi sei mesi. Il nostro Mibtel ha guadagnato oltre il 18% tra marzo ed aprile e mostra un segno positivo per il 2009. Limitatamente al mercato italiano, e tralasciando casi particolari come Fiat o Unicredit, o le grandi imprese come Eni o Generali, la solida impresa italiana le Brembo, le Campari, le Delonghi, le Geox, le Luxottica etc. segnano tutte crescite importanti (tra il 20 ed il 50%) nel “rally” degli ultimi due mesi e mostrano un segno positivo, sebbene più contenuto, rispetto ad inizio anno.
Tuttavia, anche su tale terreno l’ottimismo che sembra diffondersi non pare fondato. Il “rivalutato” indice Dow Jones di oggi rappresenta solo il 58% del valore di due anni fa; il Nasdaq è ancora il 53% di ventiquattro mesi fa, il nostro Mibtel è largamente sotto la metà rispetto ai valori della primavera del 2007. E le stesse imprese sopracitate, che costituiscono esempi positivi della solida struttura industriale del nostro paese, vedono il proprio valore pari al 30 o al 40% del listino di due anni fa.
Ma sono le analisi sull’andamento dell’economia reale che non lasciano spazio a particolari entusiasmi. Il Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2009 una contrazione dell’economia europea di quattro punti. Considerato che l’economia europea rappresenta circa un terzo di quella mondiale, tale contrazione costituirà un oggettivo vincolo all’andamento globale. Da noi, dovremo aspettarci un ulteriore effetto negativo dovuto al mix del calo delle entrate fiscali, dovuto proprio al rallentamento dell’economia, e dell’andamento della spesa pubblica che produrrà un ulteriore aumento del debito che, a fine anno, supererà il 120% del Pil.
A livello globale, inoltre, restano ancora irrisolti i grandi nodi relativi alle ragioni profonde che hanno determinato tale tempesta e alle risorse necessarie (chi paga?? E con quali soldi??) per le risposte strutturali alle radici stesse di questa crisi. E quale economia farà da locomotiva alla ripresa? Il ruolo degli Stati Uniti uscirà rafforzato o indebolito? E la Cina e l’Asia saranno pronte per avviarsi alla leadership mondiale?
E poi, non sembra che sia ancora divenuta comune e condivisa la visione nuova del mondo verso il quale dovremo incamminarci. Valori quali la salvaguardia dell’ambiente, la predilezione di energie nuove e rinnovabili, una globalizzazione più rispettosa delle “culture regionali”, una valorizzazione del ruolo della donna, una qualità della vita elevata ma rispettosa del nostro piccolo pianeta sono tutti temi che ancora aspettano risposte e scelte generali e condivise.
Certamente fa piacere il rally borsistico di queste settimane ma, ci insegnano i vecchi saggi, una rondine non fa primavera!

domenica 19 aprile 2009

La Giovane Clotilde ed il Maturo Plon-Plon

Caro Mass,
mi permetterai di partecipare alla dotta discussione avviata dal Tuo lettore P. Agora sugli Accordi di Plombierès con un argomento forse marginale ma, a mio avviso, di un certo interesse.
Ci ricorda P. Agora che una delle clausole di tali Accordi prevedeva che la giovane primogenita di Vittorio Emanuele II, la Principessa Clotilde, andasse in sposa a Gerolamo Bonaparte, detto Plon-Plon, cugino di Napoleone III.
Maria Clotilde di Savoia, nata il 2 marzo 1843 a Torino, è la prima degli otto figli di Vittorio Emanuele II e Maria Adelaide d’Austria. La principessa vantava una buona cultura letteraria, conosceva le principali lingue europee, dipingeva, amava la musica e l’equitazione.
Nonostante la perdita della madre a soli dodici anni, la sua vita scorre nella normalità fino al 1857, quando giunge la richiesta di Gerolamo Bonaparte, cugino dell’imperatore Napoleone III di Francia, di sposarla. Vittorio Emanuele, in un primo momento, si oppose a questo matrimonio della figlia quindicenne con il principe quarantenne, noto libertino. Ben presto, tuttavia, le sue resistenze dovettero cedere di fronte alla “ragion di Stato” ben declinata negli Accordi di Plombierès.
Il 30 gennaio 1859, vale a dire tre giorni dopo la firma di Napoleone III a Parigi (Vittorio Emanuele II aveva firmato a Torino il 24 gennaio) del Trattato di Alleanza Franco-Piemontese, nel duomo di Torino vengono celebrate le nozze tra Plon-Plon e la Vittima Sacrificale Clotilde, non ancora sedicenne. Il 3 febbraio gli sposi fanno l’ingresso solenne a Parigi, accolti dall’imperatore Napoleone III e dell’imperatrice Eugenia.
Gerolamo passa intere giornate senza neppure vedere la sua giovane sposa ed ella è costretta a rivolgersi a lui per iscritto. Presto a Clotilde non resta che abbandonarsi alla fede, come ella stessa scrive in una lettera a Padre Gabelli, a Torino: “Non so se ci sia al mondo un’altra posizione più complicata della mia. Solo con la riflessione, la preghiera, l’abnegazione assoluta, posso andare avanti”. Perfino il razionalista Ernest Renan definisce Clotilde “una santa, della razza di San Luigi di Francia”.
Clotilde diede a Gerolamo tre figli, Vittorio Napoleone (1862), Luigi Napoleone (1864) e Maria Letizia (1866). Gerolamo, invece, ebbe altri due figli da Mademoiselle de Canisy, di trent'anni più giovane di lui.
Poi, venne la sconfitta di Sedan, il 2 settembre 1870, ad opera della Prussia ed anche Clotilde fu costretta ad abbandonare Parigi e riparare nel castello di Prangins, sul lago di Ginevra.
Passata la tempesta, Plon-Plon torna a Parigi pensando di poter restaurare il potere napoleonico. Clotilde si decide alla separazione e, nel 1878, lascia Prangins e torna in Italia, stabilendosi a Moncalieri ove si dedicherà totalmente alla vita religiosa. Entra nel Terz’Ordine di San Domenico, con il nome di “Suor Caterina del Sacro Cuore” e diviene convinta ed attiva sostenitrice delle nascenti opere di don Bosco, don Murialdo, don Cottolengo.
Il 17 marzo 1891, a Roma, muore Gerolamo. Clotilde accorre al suo capezzale adoperandosi a che il Cardinale Mermillod gli somministri gli ultimi Sacramenti. Prima di morire, Gerolamo chiede perdono e Clotilde gli risponde porgendogli il Crocifisso. La principessa Maria Clotilde morirà a Moncalieri il 25 giugno 1911, a 68anni, e, dopo funerali solenni alla “Gran Madre di Dio” a Torino, sarà tumulata a Superga.
Il 10 luglio 1942 fu introdotta la Causa di Beatificazione, proponendo Clotilde quale “modello ai potenti e agli umili”. Nella preghiera per lei composta, i suoi devoti ricordano la sua “indefettibile fortezza con la quale accolse la croce della sofferenza, attraversò le vicende dolorose della sua vita, lasciandosi condurre da una carità sconfinata, aperta al perdono generoso”.
Nulla viene, invece, detto del suo sacrificio sull’altare della ragion di stato e dell’espansione di casa Savoia.

mercoledì 15 aprile 2009

Gli Accordi di Plombières e le Origini del Regno d’Italia

Caro Mass,
ho letto con interesse la tua simpatica (ed interessante!) ricostruzione della nascita del Punt e Mes. In verità, l’origine di questo glorioso aperitivo che io avevo raccolto a Torino è leggermente differente, ma ugualmente gustosa: il barman del Carpano aveva proposto il suo nuovo aperitivo ad un “famoso avventore” chiedendone il parere. Questi, proprio in omaggio alla crescita della borsa di un punto e mezzo a seguito degli Accordi di Plombières, aveva suggerito di chiamare il nuovo aperitivo Punt e Mes.
Sia valida l’una o l’altra delle ricostruzioni, sembra chiaro che l’aperitivo è legato agli Accordi di Plombières che, quindi, vale la pena qui ricordare.
Camillo Benso di Cavour, allora Primo Ministro del Regno di Sardegna, aveva da tempo sviluppato un paziente e lungo lavoro preparatorio, che gli consentì di ottenere un appuntamento con Napoleone III, Imperatore francese, che finalmente poteva aver luogo, il 20 luglio 1858, nella cittadina termale francese di Plombières.
Nei colloqui furono gettate le basi dell'alleanza tra il Regno di Sardegna e la Francia. L'imperatore dichiarò al Cavour che era pronto a sostenere il Piemonte in una guerra contro l'Austria, purché la causa non fosse rivoluzionaria e che fosse, quindi, giustificabile sia verso le grandi potenze europee che davanti all'opinione pubblica, specialmente francese.
A guerra vinta, ipotizzavano gli Accordi di Plombières, la penisola italiana sarebbe stata suddivisa in tre Stati: un regno dell'Alta Italia, comprendente oltre al Piemonte, il Lombardo-Veneto e l'Emilia-Romagna, sotto la casa sabauda, che in cambio avrebbe ceduto alla Francia i territori di Nizza e della Savoia; un regno dell'Italia centrale formato dalla Toscana e dalle province pontificie, sotto Napoleone III, eventualmente da affidare al cugino Gerolamo Bonaparte, a cui fu stabilito di dare in sposa Clotilde, figlia primogenita di Vittorio Emanuele II (in verità già richiesta in sposa dal quarantenne Gerolamo, nonostante la Principessa avesse all’epoca solo quindici anni); un regno meridionale affidato a Luciano Murat, figlio di Gioacchino Murat. Al Papa, che per riguardo ai cattolici francesi avrebbe conservato la sovranità su Roma e dintorni, sarebbe stata offerta la presidenza della futura confederazione italiana.
Sostanzialmente, quindi, l’obiettivo francese era la costituzione di tre piccoli stati satelliti sotto la propria influenza, sottraendo così l’Italia al “dominio” asburgico. Tale visione, tuttavia, si scontrava, tra l’altro, con gli interessi inglesi ("Se le acque dell'Adriatico venissero turbate, l'agitazione si estenderà sul Reno, e l'Inghilterra sarebbe forzata a sguainare la spada, non solo per motivi di civiltà, ma anche d'interesse" aveva tuonato il ministro Disraeli alla Camera dei Comuni).
Sappiamo come poi le cose sono andate e resta tuttora forte il quesito sul ruolo degli inglesi nella cosidetta “Spedizione dei Mille” che, nel favorire l’unificazione completa dell’Italia, ha nei fatti vanificato il piano francese di fare della penisola suddivisa una propria "zona di influenza”.

domenica 12 aprile 2009

Un Pun e Mes, prego !

Anche i drink seguono una loro moda. Sembrano non esser più in gran voga, ad esempio, whisky e cognac un tempo molto popolari, poi soppiantati da liquori dolci. Ugualmente per gli aperitivi: penso di esser tra i non molti che hanno nel bar della propria casa una bottiglia di Pun e Mes Carpano, pregevole vino moscato (di Alba o di Asti) aromatizzato con assenzio, zucchero e alcool.
Secondo la tradizione, il Punt e Mes nasce a Torino, in Piazza Castello a due passi dal Palazzo Reale, in un locale aperto giorno e notte e gestito dai Carpano. Locale per una clientela che comprendeva nobili, borghesi e benestanti, insomma il "bel mondo" composto di politici, intellettuali e uomini d'affari.
Un giorno, un cliente tutto preso a seguire e discutere il positivo andamento della borsa a seguito degli accordi di Plombierès del luglio 1858, invece di ordinare il suo abituale vermouth - corretto, come usava allora, da una mezza dose d'amaro - si limitò ad esclamare in piemontese ed a voce alta: «'n punt e mes», un punto e mezzo, riferito all’andamento borsistico più che al drink ordinato.
Nacque da lì la denominazione del Punt e Mes di Carpano, tant'è che da quel giorno si iniziò persino ad ordinarlo a gesti nella confusione del locale: una mano col pollice alzato, per indicare un punt, con l'altra mano tesa orizzontalmente, per indicare il mes.
Un Punt e Mes, prego! Cin Cin...

venerdì 10 aprile 2009

Un Buontempone il 1 Aprile...

Caro Mass,
questa te la voglio raccontare!
Un mio amico buontempone, ha inviato ai suoi amici la propria partecipazione di nozze. Annunciava, “nel nome di Dio Onnipotente e Misericordioso”, di essersi convertito, quindi di aver assunto un nuovo nome – Mehdi El Kaffer - e di essersi “unito nella Sua Grazia” nel Tempio del Sultano. Invitava, poi, i propri amici ad un ricevimento, a base di pesce, da tenersi rigorosamente in Caffettano bianco per le signore e Djallaba bianca per i signori. Infine, egli richiedeva l’assistenza professionale – beninteso a titolo gratuito – ad un proprio amico anestesista ed un altro chirurgo per la “cerimonia della circoncisione”.
La data, naturalmente, era quella del 1 aprile.
Il buontempone ha ricevuto le felicitazioni di alcuni di questi suoi amici. Sembravano quasi addolorati (“comunque auguri” gli aveva scritto uno), ma non avevano pienamento colto: passi per la partecipazione fatta su un normale foglio A4 e non su elegante cartoncino, ma la tenuta richiesta, il ricevimento a base di pesce, la data, ma sopratutto il nuovo nome scelto. El Kaffer significa l’Infedele, il senzadio, forse un nome non particolarmente appropriato per una conversione!
Certo non si tratta del bis della BBC che il 1 aprile 1958 trasmise un servizio sull’ottima annata degli spaghetti che crescevano rigogliosi ed abbondanti sugli alberi dell’Italia meridionale, ma penso che abbia costituito una bella celebrazione di una data – il 1 aprile – che proprio per i tempi difficili che attraversiamo merita maggior attenzione (e rispetto!).
Un caro saluto
Gustavo

sabato 28 marzo 2009

E il Pensiero Vola …….

Un banale errore di indirizzo ha fatto finire sulla mia scrivania il passaporto di tale Renzo B. In realtà, il documento è da tempo scaduto ed ogni sua pagina è stata utilizzata. Il passaporto apparentemente è stato smarrito, assieme ad altri documenti meno importanti, forse racchiusi nella medesima busta.

Un grande timbro “annullato” apposto nelle pagine iniziali sancisce la fine del documento, ma non certamente della vita che tale passaporto racchiude ed illustra.

Renzo, occhi azzurri, alto 1,85 metri, barba importante e molto stempiato a giudicare dalla sua fotografia, è nato in Veneto sotto il segno del Leone nel medesimo anno in cui sono nato io. Al momento del rilascio del passaporto egli risiedeva in Francia. Nello sfogliare il documento, tuttavia, il mio pensiero è stato più che altro stimolato dai timbri di ingresso ed uscita in numerosi paesi in continenti diversi.

Renzo, nel periodo di validità del passaporto, ha ottenuto tre visti per la Nuova Zelanda, ha ripetutamente visitato il Cile e l’Argentina, è stato due volte in Giappone, una sola volta in Indonesia ed in Kenya. Ma Renzo si è recato molte volte in Congo, sia nel Congo di Kinshasa che nel Congo Brazzaville (città intitolata ad uno dei pochi esploratori italiani in terra d’Africa nel XIX secolo, Pietro Brazza da Castelgandolfo).

Naturalmente non conoscerò mai le ragioni di tutti questi viaggi, posso solo immaginare che Renzo li effettuasse per motivi professionali, o chissà, per il piacere di scoprire e conoscere (e cercare di capire) nuovi mondi e culture differenti. Oppure per inseguire un improbabile Amore. O magari per la voglia di sfuggire ad una realtà…

Certamente Renzo sembra un viaggiatore autentico e non uno di quei provinciali che scambiano per vita esotica la settimana in un villaggio turistico a prezzo tutto incluso. Egli doveva aver nella sacca che lo accompagna tutti i suoi documenti e, magari in una sosta in aeroporto, tra un volo e l’altro, gli è cascata la busta con il passaporto e le altre sue carte.

Ma magari, invece, Renzo non è per niente fiero di questa sua vita “errante” che rappresenta piuttosto la sublimazione di una sua ricerca, non solo della conoscenza del mondo, quanto piuttosto di se stesso. Se fosse vera tale ipotesi, non si tratterebbe di smarrimento casuale ma di indizio: Renzo non ha smarrito il suo vecchio passaporto, ma lo ha scientemente abbandonato per seminare una traccia ed esser cosi ritrovato ed “accompagnato” nel suo viaggio (della vita).

Egli desidera esser rintracciato per ritrovarsi e, proprio come Pietro Brazza, dare ordine alle sue importanti ed uniche scoperte……

martedì 24 marzo 2009

A Ciascuno il Proprio Guru

Caro Mass,
in questo periodo di grave incertezza, ciascuno di noi ricorre e si affida a credibili esperti per meglio volgere la propria vita, le proprie scelte, i propri investimenti. Conosco una Persona Importante che sta affrontando un costoso viaggio nelle Isole Comoros per verificare direttamente sul posto i nuovi orientamenti e le nuove tendenze e riadattare di conseguenza le proprie strategie finanziarie e perfino di vita. Un altro, invece, evidentemente più stanziale, appreso – in ritardo – del premio nobel a Paul Krugman, ha letteralmente sbancato la più fornita libreria della città acquistando tutti i libri del Professor Krugman: voleva che nessun altro potesse acquistarli ed esser cosi lui solo il depositario della “conoscenza”. Non sono, tuttavia, in grado di precisarti se, dopo l’acquisto, abbia anche letto tutti quei libri.
Personalmente, invece, mi regolo in maniera empirica, ma di assoluta garanzia. Sai, caro Mass, io sono stato profondamente scottato da una crisi finanziaria del secolo scorso ed ho toccato con mano la fallacità dei diversi “esperti” e perfino dei santoni. E, allora, via testi sacri, basta con i consulenti, no a costosi viaggi di aggiornamento e conoscenza. Io ho due Guru eccezionali ed infallibili.
Il primo, Uccio, fa il cameriere in un bar di dubbia rettitudine. Non ho mai capito se non si renda conto dell’ambiente che gli ruota intorno, se ne faccia parte consciamente, o addirittura se sia lui stesso a condurre ogni gioco (come egli mostra di credere, pur se il mio dubbio, fondato, è che il vero “direttore d’orchestra” sia il conduttore del complesso ove ha sede il bar di Uccio, tale Gioioso). Sta di fatto che Uccio si comporta e tenta di apparire come la quintessenza della saggezza e dell’operosità. Dovresti vederlo come strapazza i clienti: impone bibite, prepara personalmente cocktail, serve dolcini, organizza aperitivi. E’ lui che mena la danza. Predispone perfino gli accoppiamenti! Ecco perché guardo a lui come ad un Guru. Lo chiamo al telefono (evito di andare al suo Bar) e lui, ”caro Gustavo, va forte l’economia. Ieri pomeriggio ho venduto drink come non mai. +32,7% rispetto alle medesime ore dello stesso giorno dell’altra settimana! Ma che crisi?! Noi andiamo alla grande! Magari gli altri, noi no, noi ci sappiamo fare! Il mio New Orleans Fizz tira e come... Non dar retta ai menagramo“
Io lo ascolto il mio bravo Uccio, d’altra parte gode di un osservatorio privilegiato ed entra in contatto con la crème de la créme, dice lui. Tuttavia, per una forse eccessiva ma necessaria prudenza, prima di prender una qualunque decisione, sento anche Nino, anzi da lui vado a prender il caffé, perché la vista che si gode dal suo salotto è singolarmente piacevole.
Nino è un professore (umanista) all’antica, rigoroso, direi “catonico”. Cominciamo le nostre riflessioni (più che discussioni) da lontano, spesso in maniera divertente. Poi, quando si riscalda i suoi occhi divengono rigidi e dopo un approfondito sciorinare di dati (esatti e coerenti, spesso suffragati da grafici variopinti e tabelle ben articolate) alterna filippiche a catilinarie. Nino ce l’ha con il mondo intero che non va, che è retto da una cupola di perfidi che lo sta conducendo velocemente all’autodistruzione, con le ingiustizie che ci subissano, etc. etc. etc.
“Vedi, Gustavo, conclude, non c’è più speranza! Ma una nuova rivoluzione, ormai alle porte, ci salverà!”
Esco dal caffé confuso: chi è il mio giusto Guru? Ha ragione Uccio con la sua visione “leggera” o prevarrà il pessimismo (cosmico?) di Nino?
Lo devo chiedere a Gioioso, ma di quest’altro mio amico ti parlerò in un’altra occasione.
Buona domenica, Mass! Passala bene perché sono altri i veri valori per i quali vale la pena di accalorarsi. A presto, Tuo
Gustavo

lunedì 16 marzo 2009

La Ricchezza della Diversità Culturale

In una eccellente “Pizzeria al Taglio” nel cuore di Roma vi è ben incastonata questa mattonella colorata

Mentre, a Singapore, c'è chi accompagna i propri uccellini - rigorosamente in gabbia - nella passeggiata quotidiana tra le meraviglie del Botanic Garden

Ma sola a Roma, per San Valentino, possono servirti un cappuccino "al cuore".....

sabato 7 marzo 2009

Happy Birthday, Zia Clorinda !

Sotto il titolo “Zia Clorinda compie 100 anni”, è comparsa tra le lettere dei lettori al Messaggero on line la missiva di tale Angelucci Terenzio (si firma così) con la quale segnala che “il 12 marzo mia zia Clorinda Angelucci vedova Patacchiola residente a Castelfranco in provincia di Rieti festeggia 100 anni. Ho già segnalato l’evento al comune di Rieti ma non mi ha risposto. Spero di aver maggor fortuna con il vostro quotidiano....”
La simpatica lettera ha schiuso vari interventi dei lettori. Tale Carolina ha telegraficamente commentato “non ci interessa”, mentre “dawid dyk”, evidentemenete più attento ai temi dell’attualità, ha concluso “cioè prende la pensione da quarant’anni! Alla faccia!”. Meno romantico Pietro: “ma per quale motivo dovrebbe interessarci che la zia compie 100 anii?? La segnalazione dell’evento al comune?? Ma quale evento? Festeggiarlo per i cavoli vostri no??”. Secco, infine, “sturmy” con il suo perentorio “E zia Clorinda, ma zia di chi? Ma per favore, con queste bietolate kitsch.”.
Con il suo intervento, invece, Luna suggerisce al “gentile nipote Angelucci Terenzio” di contattare “Festa Italiana, trasmissione condotta da Caterina Balivo che si occupa anche dei festeggiamenti per le persone anziane”. E poi conclude con gli “auguri alla bella Clorinda”.
Forse si è rivelato eccessivo l’entusiasmo festaiolo del nipote Terenzio (ma quanti anni avrà il nipote della centenaria?) ma ancora più simpatico e goffamente divertente si è rivelato il dibattito che la lettera ha aperto.
Nei difficili giorni che siam chiamati a vivere, fa bene trovare argomenti ed argomentazioni che ci fanno sorridere. Rimane, tuttavia, forte l’esigenza di maggior decoro nei festeggiamenti e nei commenti.

domenica 22 febbraio 2009

Un "quesito" che diviene "tormento" ?......

Caro Mass,
il “quesito” di P.Agora mi mette in grande difficoltà, prima di tutto perchè non capisco dove è il confine tra l'ironia e la riflessione, poi perchè non ho capito se la lettera è un .....artificio letterario: chi è l'io narrante e chi l'io pensante?
Il quesito, comunque, è assai simile ad un tormento. La prima "pensata " che mi viene in mente è banale: siamo eredi della cultura mediterranea del pensiero, delle distinzioni al limite del sofisma, ed il pensare è sempre fortemente individuale (o degli individualisti) e forse già di per sè fonte di "conflittualità". Ci è voluto il Cristianesimo per farci parlare di comunità.
I francesi vengono da culture più "socializzanti", calviniste, produttive
ed anche piu fondamentalmente libere da pregiudizi. Ed anche più lontane. Le culture nordiche meno hanno risentito della struttura mentale mediterranea. Ed hanno prodotto un altro pensiero.
Chissà. O forse non c'è una vera spiegazione. Aggiungerei una spiegazione
spoetizzante. E' perchè da loro fa freddo e la gente "fa", invece di pensare
da fermi, ed avere un grande freddo.
Ciao !
Teresa