venerdì 15 ottobre 2010

UN (ALTRO) PRIMATO CHE NON CI APPARTIENE

Per qualcuno sono magici, altri li considerano veri e propri divi, comunque nessuno dubita che siano ottimamente pagati e riescano ad accumulare (ed a spendere) denaro in misura ragguardevole. I campioni dello sport rappresentano certamente un’icona del nostro tempo ed i loro compensi finiscono per incuriosire e formare oggetto del desiderio per folte schiere di ammiratori.
Il golfista Tiger Woods, secondo la prestigiosa rivista Forbes, ha già superato il miliardo di dollari di guadagni, quindi, molto più dei pur decorosamente pagati Michael Jordan e Michael Schumacher. Tuttavia, tali ragguardevoli guadagni sembrano non esser all’altezza dei compensi percepiti nell’antica Roma dagli aurughi. Gaio Apuleio Diocle nel secondo secolo dopo Cristo ha vinto 35.863.120 sesterzi (equiparabili a circa 15 miliardi di dollari odierni): tanto riporta Peter Struck in un articolo pubblicato sulla rivista di storia Lapham's Quarterly, sulla base di una iscrizione su marmo, rinvenuta in un monumento funebre eretto a Roma da 146 ammirati colleghi aurighi del grande Gaio Apuleio Diocle.

Questi, di origini ispaniche, cominciò a gareggiare per la squadra Bianca all’età di 18 anni. Dopo sei anni, passò alla squadra Verde, per approdare, ormai ventisettenne, al Team Rosso per il quale ha gareggiato - "campione di tutti i carri" -  fino al suo ritiro all'età di "42 anni, 7 mesi e 23 giorni". Caio Apuleio Diocle ha vinto 1.462 delle 4.257 gare alle quali ha preso parte, vittorie che, come detto, gli hanno fruttato la considerevole cifra di 36 milioni di sesterzi.
Dobbiamo principalmente a Tacito e Svetonio la descrizione dello svolgimento e più ancora del significato e dell’importanza delle corse presso i romani. Curioso apprendere che l’imperatore Caligola, acceso tifoso dei Verdi, giunse a far avvelenare cavalli ed aurighi avversari per favorire la propria squadra. Il Circo Massimo, ove avevan luogo le manifestazioni sportive di maggior rilievo,  poteva ospitare fino a 250mila spettatori i quali, se plebei, erano disposti a mettersi in coda sin dal giorno prima per ottenere buoni posti. Gli aristocratici, invece, potevano godere di tribune loro riservate. Considerato che tali spettacoli rappresentavano eccellenti occasioni per incontri con signore dell’aristocrazia, Ovidio raccomanda di prestare molta attenzione a dove prender posto, magari “lasciando indugiare la propria mano nel ravvivare e render più soffice il cuscino del sedile della signora”.
Insomma, non solo non abbiamo creato gli sportivi più pagati di sempre, ma nemmeno la ‘mano morta’ sembra esser una invenzione dei nostri tempi.

 
Nell'immagine il Circo Massimo di Roma
 
 
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1 commento:

marshall ha detto...

Molto istruttivo!