domenica 25 gennaio 2009

Gong Xi Fa Cai! 恭喜發財!

Lunedi 26 gennaio cade il capodanno cinese di quest’anno. Esso, in realtà, coincide con la prima luna nuova del nuovo anno, quando comincia, appunto, il nuovo anno lunare.

Ogni angolo di cultura cinese è ora addobbato con le decorazioni tipiche di questa festa, di gran lunga la più importante per i cinesi (ovunque essi siano). Festoni rossi con auspici di benessere compaiono dappertutto e pervadono di una festosa e gioiosa atmosfera le case, i condomini, gli shopping mall, le intere città. Moltissimi i mandarini (rigorosamente in numero pari) destinati sia agli addobbi che alle decorazioni ed ai regali. Questo frutto, infatti, è rotondo, quindi simboleggia visivamente la perfezione, ed è di un colore che si avvicina al giallo-oro, rappresentando, quindi, il benessere.

Le festività hanno inizio con un cenone familiare, la sera antecedente il Capodanno. A mezzanotte in punto tutti si recano al Tempio, mentre il primo giorno del nuovo anno è dedicato alle visite augurali (il più giovane rende visita al più anziano).

I festeggiamenti si prolungano per due settimane, gradatamente allargandosi anche ai non cinesi, e terminano il quindicesimo giorno del nuovo anno, con la Festa delle Lanterne.

Tradizionalmente il calendario cinese riprende l’anno del calendario occidentale (quest’anno, quindi, sarà il 2009). Taluni, tuttavia, fanno decorrere il conteggio dal Regno di Huangdi (il capostipite della “nazione” cinese). Quindi, entreremo nell’anno 4706.

Nel ciclo astrologico cinese, questo è l’anno del Bue, animale da fatica, che ben simboleggia l’impegno ed il duro lavoro che ci è richiesto nei mesi a venire, quando giungerà al culmine la Tempesta dei nostri giorni.

Suona davvero appropriato, allora 恭喜發財! Gong Xi Fa Cai!, l’augurio di maggior benessere che ci si scambia in questi giorni.

sabato 10 gennaio 2009

Nuovi Riferimenti per Tempi che Cambiano

Tale Paolo R. scrive al Messaggero per lamentare ritardi nell’attivazione ed erogazione di pubblici servizi a Monte Livata, ove egli ha acquistato una villa. La mia attenzione, tuttavia, piu che dalle disavventure del signor Paolo R. è stata attratta dal suo modo di presentarsi quale abitante di Subiaco, “paese nativo di Gina Lollobrigida”.

In effetti, Gina Lollobrigida ha visto la luce a Subiaco, paese di poco meno di 10mila abitanti nell’alta valle dell’Aniene, ed è divenuta famosa grazie alla sua partecipazione al concorso di Miss Italia del 1947 (vinto da Lucia Bosé) che ha poi dato avvio ad una lunga e fortunata carriera cinematografica. Successivamente, Gina Lollobrigida si è avvicinata alla Fotografia e perfino alla Scultura: era sua, infatti, l’Opera che rappresentava l’Italia all’Esposizione di Siviglia del 1992. Meno fortunato, invece, il suo percorso politico, considerato che la sua candidatura al Parlamento Europeo del giugno 1999, nelle liste dei “Democratici” di Rutelli, non la ha vista eletta.

Il rappresentare Subiaco quale paese natale di Gina Lollobrigida, è il mirabile paradigma della nostra epoca “effimera”. Il signor Paolo R., infatti, avrebbe potuto ricordare che a Subiaco aveva sede una delle ville dell’imperatore Nerone, oppure avrebbe potuto eleggere ad icona della sua città Lucrezia Borgia, altra illustre figlia di Subiaco lì nata il 18 aprile 1480, o addirittura il calciatore campione del mondo Francesco Graziani (nato a Subiaco il 16 dicembre 1952). Avrebbe, inoltre, potuto ricordare che a Subiaco ha avuto sede la prima “tipografia” d’Italia, nel 1465.

Ma Subiaco, in verità, è sopratutto ed indissolubilmente legata a Benedetto da Norcia, “Padre dell’Europa e Patrono dell’Occidente”.

È a Subiaco (in una grotta del Monte Taleo, definita da Francesco Petrarca “limen Paradisi”, il confine del Paradiso) che Benedetto, ancora giovane, si ritirò, “sconvolto dalla vita dissoluta della città [Roma] ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell'immane precipizio”, scrive Gregorio Magno nel II Libro dei Dialoghi.

La sua presenza fu notata solo da pochi pastori e dall’Eremita Pietro che di tanto in tanto calava nella grotta un cestino con un po’ di cibo. La fama di Benedetto, con il tempo, si diffuse ed Egli fu raggiunto da altri giovani (ed anche dalla sorella gemella Scolastica, che richiama al femminile gli inizi del monachesimo occidentale). Fondò, quindi, il primo monastero, a cui seguirono altri, e dettò la sua Regola, improntata alla preghiera ed al lavoro (“ora et labora”).

A seguito di due tentativi di avvelenamento – materiale il primo, pane avvelenato, morale il secondo, l’invio di talune prostitute (da Lui fermamente allontanate brandendo un tizzone ardente) - Benedetto, dopo circa 30 anni, lasciò Subiaco per Montecassino, ove morì nel 547.

Subiaco è, quindi, la culla del monachesimo occidentale che, nell’equilibrio tra buona disciplina e capacità individuali, nasceva all’incirca negli stessi anni in cui i giuristi di Giustiniano lavoravano alla grandiosa sistemazione del diritto civile romano nel Corpus iuris civilis.
Benedetto invita a servire Dio attraverso la ‘conversatio’, cioè la buona condotta morale e la pietà reciproca, e la ‘stabilitas loci’, vale a dire l’obbligo di risiedere tutta la vita nel medesimo luogo, contro il vagabondaggio allora diffuso. Completa l’impostazione benedettina l’obbedienza all’Abate (dal siriaco Abba, padre) mai chiamato superiore, cardine di una comunità ben ordinata, che scandisce il tempo delle varie occupazioni nella giornata durante la quale preghiera, lavoro o studio e riposo si alternano nel motto “ora et labora’.
La Regola dava nuova ed autorevole sistemazione alla precettistica monastica precedente e, scritta originariamente per un solo monastero, si rivelò talmente piena di capacità normativa universale (cioè di quella cultura giuridica che aveva fatto grande l’antica Roma) da divenire regola per eccellenza del monachesimo cattolico. Alla costituzione dell’impero carolingio, tutte le abbazie dell’impero, maschili e femminili, adottarono la Regola e diventarono benedettine: intorno ad esse l’Europa cominciò a ricostruire il proprio assetto.
I monaci svilupparono, inoltre, il culto e la cultura, la liturgia e l’arte: ogni monastero aveva il suo ‘scriptorium’, dove si trascrivevano i testi degli autori cristiani e pagani, salvandoli dalla distruzione, e si decoravano i preziosi codici con splendide miniature.
I vari Monasteri costituirono anche un grande fenomeno economico e sociale: a loro facevano capo i lavori di dissodamento e di bonifica, che recuperavano all’agricoltura vaste aree di terreno inselvatichito da secoli di abbandono. L’apicoltura, l’olivicoltura, la viticoltura si svilupparono notevolmente, mentre intorno al monastero gli strumenti di lavoro venivano sempre migliorati: si passò, per esempio, dall’aratro di legno a quello in metallo e trovarono applicazione varie invenzioni meccaniche come i mulini a vento e ad acqua. Si avviava, quindi, un processo di miglioramento della qualità della vita che lasciava maggior tempo ed energie da dedicare allo studio e alla preghiera.

Grazie a Benedetto ed ai suoi monaci è stato così possibile preservare e condurre fino a noi i testi classici, radice culturale dell’Occidente, diffondere un bagliore nei ‘secoli bui’, avviare il processo di rinascita dell’Europa.

È a giusto titolo, quindi, che Benedetto è stato proclamato “Padre dell’Europa e Patrono dell’Occidente”! Tuttavia, non avendo avuto la possibilità di cimentarsi in opere cinematografiche, o più genericamente popolari, per ricordare Subiaco gli viene preferita la signora Lollobrigida.

lunedì 5 gennaio 2009

Il segno del Tempo

L’effervescenza gioiosa di Sydney ha accompagnato il mio saluto al 2009, un anno che tutti ci auguriamo sia molto meglio di quanto si paventi.

Sydney, a giusto titolo, è considerata tra le cinque città più belle al mondo, ma sono l’atmosfera che si respira e l’energia che trasmette che ne fanno una destinazione unica, assieme al fascino di esser la prima grande città all’estremo Est, in una Terra dall’alta qualità della vita.

Lo spettacolo della Baia infiammata dai fuochi pirotecnici che salutano il nuovo anno (Sydney, you're the star, titolava il 1 gennaio il Sydney Morning Herald)merita da solo il (lungo) viaggio: è un’emozione di cui ciascuno di noi dovrebbe godere, almeno una volta nella vita!
Era Mezzanotte in punto quando, grazie alle moderne tecnologie e nel fragore degli spari, sono riuscito, dalla Baia di Sydney, a parlare in contemporanea con i miei diletti figli per augurar loro un 2009 sereno e ricco di sorprese piacevoli.

In realtà, però, questa curiosa teleconferenza ha avuto luogo al “mio capodanno”. Quindi, alle 3 della notte ho telefonato a G. per salutare con lei, seppure al telefono, il Capodanno di Singapore. Alle 10 del mattino, quando io mi levavo, ho telefonato a E., a Roma, per festeggiare il Capodanno italiano. Solo un’ora più tardi, abbiamo chiamato Marrakesh per festeggiare il Capodanno di Z. e di L. che, per l’appunto, trascorrevano la vacanza di fine d'anno in quella magnifica città.

La nostra giornata proseguiva piacevole, nel caldo sole dell’estate di Sydney, ma non ci siamo scordati, alle 4 del pomeriggio, di chiamare A., a Philadelfia, per augurare anche a lui felice Anno Nuovo.

Alla sera, mentre andavo a letto dopo una giornata intensa ma molto bella, mi sono reso conto che solo un’ora prima avevano festeggiato il Nuovo Anno ad Honolulu ove trascorreva le sue vacanze Barack Obama. Naturalmente non ho chiamato, sono tuttavia certo che il Presidente eletto abbia auspicato, come e più di tutti noi, che il Nuovo Anno porti serenità e benessere alla nostra umanità.

Capodanno in Australia