domenica 13 maggio 2012

Un Tesoriere Illustre ma Misterioso

È difficile credere che Umberto Eco, nello scrivere “Il Cimitero di Praga”, abbia pensato a Belsito oppure a Lusi, moderni tesorieri di partito. Eppure, nel suo romanzo, Eco si occupa anche di un tesoriere illustre: Ippolito Nievo, il cassiere della Spedizione dei Mille.
Ippolito Nievo
Tesoriere della Spedizione dei Mille
Sulla missione garibaldina è stato detto di tutto. Taluni ritengono che il regno del Piemonte, di là dalle posizioni ufficiali, fosse in realtà assai coinvolto nella vicenda, anche dal punto di vista finanziario. Altri sostengono che il principale appoggio sia venuto dagli inglesi, con un finanziamento importante in Piastre Turche (anche allora si voleva evitare la “tracciabilità”), stante l’obiettivo di evitare che la penisola italiana divenisse mera espressione degli interessi francesi. Il Ministro Disraeli aveva tuonato alla Camera dei Comuni: "Se le acque dell'Adriatico venissero turbate, l'agitazione si estenderà sul Reno, e l'Inghilterra sarebbe forzata a sguainare la spada, non solo per motivi di civiltà, ma anche d'interesse".
Sta di fatto che al culmine delle pressioni su Garibaldi per indurlo a dimostrare la limpidezza dell’organizzazione della sua Spedizione, il Generale chiese al tesoriere Ippolito Nievo (quello de “Le confessioni di un Italiano”) di raccogliere tutta la documentazione in due casse che, con lo stesso Nievo, furono imbarcate sul piroscafo “Ercole” a Palermo con destinazione Napoli.
Alle ore 12.55 del 4 marzo 1861, al comando del capitano Michele Mancino, la “Ercole” salpò con 12 uomini di equipaggio, 60 passeggeri, 232 tonnellate di merce. Il mare era calmo, ma alle 5 del mattino successivo la “Ercole” si trovò in piena burrasca. Una nave inglese che seguiva intravide il piroscafo sul punto di inabissarsi e riportò sul libro di bordo: "Avvistato relitto vapore alla deriva a 150 miglia da Palermo su rotta Palermo-Napoli".
Moneta da 500 Piastre Turche del XIX Secolo
Alcuni storici sostengono che gli inglesi abbiano finanziato
la Spedizione dei Mille con tre milioni di Franchi elergiti in Piastre turche
Vi furono indagini, ricerche, polemiche, perfino un'inchiesta ministeriale: non si riuscì a far luce sul mistero. Fu solo possibile stabilire che l'"Ercole" affondò, presumibilmente tra Punta Campanella e le piccole Bocche di Capri, per lo scoppio delle caldaie. Tuttavia, non un naufrago né un resto dell’imbarcazione furono mai rinvenuti, alimentando il mistero attorno a questo primo enigma dell’Italia riunificata.
Tale mistero, tuttavia, era destinato a suscitare molti interessi. Nel 1868, Giulio Di Vita, uno studioso massone, presenta un rapporto al Collegio Maestri Venerabili del Piemonte dal titolo ‘Finanziamento della spedizione dei Mille’. Di Vita riferisce di documenti rinvenuti in archivi londinesi che attestavano finanziamenti dei britannici a Garibaldi per 3 milioni di franchi francesi, versati in ‘piastre’ oro turche: una cifra enorme, utile per “convertire alla democrazia liberale” molti dignitari borbonici. Si dice, infatti, che la capitolazione di Palermo sia avvenuta grazie all’oro versato al generale Lanza. Innegabile che un manipolo di uomini sbarcati a Marsala mise in fuga 100mila uomini al prezzo di soli 78 caduti. E neppure sfuggiva la forte influenza inglese su Marsala, ove avvenne lo sbarco garibaldino sotto la vigile presenza di navi militari britanniche, oppure la “coincidenza” della firma della resa della Sicilia siglata, nel porto di Palermo, a bordo di una nave battente bandiera inglese.
Capri vista da Punta Campanella
In queste acque sarebbe avvenuto il naufragio della "Ercole"
Cento anni più tardi, quando le poste italiane emisero un francobollo commemorativo di Ippolito Nievo, il nipote Stanislao decise di riprendere le ricerche per chiarire il mistero che lo assillava da anni. Dell'"Ercole" non è stato trovato mai nulla: né un naufrago, né un albero, né un pezzo di legno, né altro relitto. Stanislao frugò per otto lunghi anni negli archivi delle emeroteche, nei musei, si affidò alla parapsicologia per esplorare il buio del passato, spinse illustri esperti di profondità marine nell'oscurità degli abissi in cui si presumeva riposasse la carcassa dell'"Ercole". Il risultato di tanta appassionata fatica fu un naufragio non meno avventuroso di quello dell'"Ercole". All’Archivio di Stato Stanislao rinvenne 500 fascicoli che riguardano la Spedizione dei Mille, ma non quello che cercava. La cartella intestata al ‘colonnello Nievo’ è semplicemente vuota!
Il risultato massimo degli sforzi di Stanislao fu “Il prato in fondo al mare”, un romanzo sul tema, pubblicato nel 1974 da Mondadori. Il primo segreto dell’Italia riunita rimane tuttora un mistero.




3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima questa pillola!
Andrea

Anonimo ha detto...

Caro Massimiliano,
i milioni furono 4, 3 della Hambros e 1 della Barclays. I 3 furono pagati alla rubattino per pagare l’affitto delle navi e uno per gli stipendi ai mercenari: i mille. Le famiglie bene palermitane furono ospiti delle navi inglesi durante l’assedio di Palermo e assistettero alla firma della resa. Anche la mia famiglia materna era ospite a bordo. I documenti furono pubblicati qualche anno addietro dalla rivista di Palazzo Giustiniani
bravo!
vincenzo

Fausta ha detto...

La Turchia non batteva "piastre d'oro" ma la lira d'oro dello stesso peso e valore del marengo (non commercializzata in Europa) e la piastra con solo il 3% d'argento, moneta vile. Non fu Garibaldi a ordinare a Nievo di tornare in Sicilia, bensì l'Intendente generale Giovanni Acerbi. Nievo era vice Intendente e non tesoriere. Di due casse parla solo Stanislao Nievo, ma nessun documento d'epoca parla di casse: si ignora l'involucro del materiale imbarcato da Nievo. I passeggeri erano 16 o 17, una trentina i marinai. I libri di bordo delle navi commerciali appartenenti al Comparto Meridionale erano conservati a Napoli e andarono distrutti nel 1943 per cause belliche. Il testo riportato è frutto di fantasia. Secondo due giornali del tempo, editi a Napoli, resti del naufragio affiorarono presso Capri e altri spezzoni arrivarono su spiagge ischitane. In quelle acque, in quei mesi, non ci furono altri naufragi. Stanislao Nievo fece in realtà solo due immersioni, la terza è frutto della sua fantasia. Ma era un romanziere, non uno storico. Altri particolari del naufragio sono sul sito www.ippolitonievo.info
Fausta