domenica 29 gennaio 2012

L’Affaire Costa

Il naufragio della Costa Concordia è senza dubbio un disastro grave che deve, innanzitutto, suscitare rispetto e silenzio per le vittime – passeggeri e membri dell’equipaggio - e stimolare riflessioni sulle procedure di navigazione, l’organizzazione di bordo, perfino il rispetto dei litorali e dei parchi marini.
Troppo è stato detto e scritto, in verità non sempre con equilibrio, sulla sciagura, sul comportamento dell’equipaggio – eroico fino al sacrificio supremo in molti casi, approssimativo per altri – fino all’eccesso della copertina del germanico Der Spiegel.
La copertina di Der Spiegel
Sono stati rispolverati molti luoghi comuni ingenerosi sull’Italia e sugli italiani, quasi come se una simile disgrazia sia connaturale al nostro spirito e al nostro comportamento abituale.
Invece, ribadito il cordoglio ed il rispetto per le vittime e la condanna per quei comportamenti superficiali che sono alla base dell’incidente, occorre mettere in luce i molti aspetti positivi – questi sì connaturali agli italiani – che innanzitutto hanno fatto in modo che il naufragio non assumesse proporzioni catastrofiche e, comunque, hanno immediatamente portato conforto e assistenza ai superstiti.
Appena dopo l’incidente, la nave ha effettuato una difficile manovra di emergenza che l’ha avvicinata alla costa e lasciata adagiare su uno ‘scalino’, facilitando così l’evacuazione ed evitando l’affondamento. Per ciò va riconosciuta la perizia di chi ha guidato una nave delle dimensioni della “Concordia” e di quanti, poi, si sono adoperati per portare a terra tutti i naufraghi.
Certamente ciascuna vita merita considerazione e massimo deve essere il rispetto per il dolore dei familiari e degli amici delle vittime. Tuttavia, se si considera che a bordo della ‘Concordia’ si trovavano circa 3.200 passeggeri e mille membri dell’equipaggio, esser riusciti a “limitare” le vittime a 34 (su 4.200) può esser considerato come un ulteriore elemento da valutare positivamente.
Al varo della Costa Concordia la bottiglia
di champagne (nell'immagine tra la "A" e la "C") non si ruppe
Non sembrano, inoltre, esser stati sufficientemente enfatizzati i gesti di generosa umanità che volontariamente la popolazione del Giglio ha portato ai naufraghi: il bar che riapre per offrire bevande calde e ristoro, il sacerdote che offre la sua chiesa come bivacco per i superstiti che hanno così potuto trascorrere la notte in un ambiente chiuso e in maniera meno drammatica. Tali comportamenti, che per noi suonano ‘naturali’ non sono comuni a tutti i popoli, molti dei quali, noti per rigidità, sviluppano invece una spiccata tendenza al giudizio negativo per tutti gli altri, italiani in primis!
La stessa Costa Crociere, in poche ore, ha organizzato il ritorno ai propri luoghi di origine di tutti i superstiti mettendo in campo la professionalità dei propri dipendenti nota e apprezzata in tutto il mondo.
Certamente sarà necessario appurare ogni responsabilità e, comunque, adottare tutte le misure e le procedure atte a evitare nuove sciagure determinate da incuria e superficialità. Tuttavia, una maggiore consapevolezza dei molti aspetti positivi (spesso apprezzati all’estero ben più che in Italia!) che ci contraddistinguono può aiutarci non solo nella difesa dell’orgoglio nazionale, ma perfino nel percorso virtuoso che deve portarci fuori dalle secche odierne e restituirci il rango che ci compete.

sabato 21 gennaio 2012

Il bisnonno dell’I-pad

La piacevole ed interessante passeggiata lungo il ‘Singapore River’ – in realtà un braccio di mare che si insinua nell’isola di Singapore e non un fiume, come il nome farebbe pensare – è impreziosita dalla vista dei pregevoli grattacieli del distretto finanziario che sorge al di là del corso d’acqua.
Scultura lungo il Singapore River
Un Mercante utilizza l'Abaco per i suoi calcoli  
La passeggiata è anche abbellita da sculture che rievocano momenti e personaggi importanti della storia di questa Venezia dei nostri tempi: al fianco della statua di Raffles, il fondatore della Città-Stato, vi si trovano sculture che rappresentano i commerci che sin dall’origine hanno caratterizzato Singapore. Una di queste sculture rappresenta un mercante che, intento a verificare talune mercanzie, con perizia maneggia un abaco, esattamente come, fosse una rappresentazione odierna, egli avrebbe tra le mani un I-pad.

Abaco viene dal semitico abq, che significa "polvere", "sabbia" e forse sono stati proprio i popoli della Mesopotamia ad aver inventato questa potente macchina calcolatrice comune ai Maya e agli Egizi, ai Cinesi e ai Romani. Alcuni storici sostengono che l’Abaco abbia già compiuto cinquemila anni!
L’abaco in realtà ha costituito un’importante innovazione rispetto ai sistemi di calcolo antecedenti basati sull’utilizzo di bastoncini, pietruzze, aste con tacche, cordicelle con nodi. I Sumeri (popolo al quale dobbiamo tanto della nostra “moderna” organizzazione) introdussero il principio che attribuiva un diverso valore della cifra secondo la sua posizione, principio ancora utilizzato negli orologi. E l’influenza dei Sumeri è rimasta anche nella suddivisione dell’ora in 60 minuti e dei minuti in 60 secondi, dovendo ancora esser concepito il nostro sistema decimale.
Un Abaco
Il termine viene dal semitico abq che significa polvere, sabbia 
La “romana computatio”, abilità peraltro a noi totalmente sconosciuta, utilizzava le dita delle due mani appoggiate a varie parti del corpo, con la possibilità di indicare i numeri sino a un milione. Di certo, invece, sappiamo che i romani utilizzavano l’abaco per i loro calcoli (termine, peraltro proveniente proprio dal latino "calculi" che sono i "sassolini" che si ponevano in una tavoletta con apposite scanalature) ove le palline superiori valevano cinque unità ciascuna, mentre quelle inferiori una unità. Ogni fila verticale rappresentava valori numerici crescenti partendo dall'ultima, quindi unità, decine, centinaia etc. Muovendo le palline con riporti di tipo semidecimale si potevano eseguire tutte le operazioni di aritmetica, calcolando fino ai milioni, ma anche molte operazioni di algebra, con velocità non eccessivamente diverse da quelle di una moderna calcolatrice tascabile.

Forse l’eleganza e perfino l’immagine garantite dal moderno I-pad non erano assicurate dall’Abaco, tuttavia tale “elementare” strumento ha certamente aiutato lo sviluppo ed il successo di Popoli e Civiltà assolutamente Grandi.