Si racconta che Giacomo De Martino abbia raggiunto Ibrahim Hakki Pascià nella casa di una nobildonna, trovandolo immerso in una partita a bridge: levata la testa dalle carte da gioco e letto il documento sottopostogli, Hakki Pascià avrebbe esclamato: "è uno scherzo! Vero?".
Giacomo De Martino, diplomatico di antico lignaggio – Il nonno paterno, del quale egli portava il nome, era stato ambasciatore del Regno borbonico e per un breve periodo ministro degli Esteri – era l’incaricato d’affari dell’Ambasciata dell’Italia giolittiana a Costantinopoli, mentre Hakki Pascià era il Gran Visir, il Primo Ministro, dell’Impero Ottomano. Il giorno era il 28 settembre 1911 e il documento consegnato era l’ultimatum con il quale l’Italia, lamentando lo stato d'abbandono in cui versavano la Tripolitania e la Cirenaica, denunciava angherie ed ostacoli subiti dalle iniziative commerciali italiane in tali regioni. Il giorno successivo venne l’annuncio di "aver deciso di procedere all'occupazione militare della Tripolitania e della Cirenaica”.
Cominciava così la guerra che avrebbe dato all’Italia una nuova colonia, la “quarta sponda” nel Mediterraneo, ma anche quel crescendo di ‘mobilitazione militante’ che tanto avrebbe inciso negli anni a venire.
La presa di Tripoli, avvenuta dopo una mezza mattinata di bombardamento dal mare e l’abbandono delle truppe turche, non comportò lo sparo di un solo colpo da parte dei duemila uomini del Capitano Umberto Cagni e fece scrivere a Luigi Barzini, inviato del Corriere della Sera, "nessuno si aspettava che così presto si insediasse la sovranità dell'Italia”.
Questa guerra registrò anche diverse applicazioni di nuove tecnologie. Con la collaborazione di Guglielmo Marconi, il Genio allestì il primo servizio regolare di radiotelegrafia. Tuttavia è l’introduzione dell’aereo – per ricognizione e per bombardamento – la più rilevante evoluzione bellica. Il 14 ottobre 1911 partì per il fronte la prima squadra aerea italiana, composta da nove aeroplani, con motore da 50 cavalli, undici piloti, 30 uomini di truppa con un sergente.
Il 23 ottobre 1911, Carlo Maria Piazza sorvolò le linee turche in funzione di ricognizione, mentre il 1 novembre, Giulio Gavotti effettuò il primo bombardamento aereo della storia lanciando sull’oasi di Ain Zara (l’Occhio di Zara) una bomba “cipelli” da due chili, grande quanto un’arancia.
Il giorno stesso ne informerà suo padre con una lettera nella quale descrive l’operazione: “vicino al seggiolino ho inchiodato una cassettina di cuoio; mi inoltro sul deserto in direzione di Ain Zara, piccola oasi dove avevo visto nei giorni precedenti gli accampamenti nemici. Dopo non molto tempo scorgo perfettamente la massa scura dell’oasi che si avvicina rapidamente. Con una mano tengo il volante, coll’altra sciolgo il corregile che tien chiuso il coperchio della scatola; estraggo una bomba, la poso sulle ginocchia. Cambio mano al volante e con quella libera estraggo un detonatore dalla scatoletta e lo metto in bocca. Richiudo la scatoletta; metto il detonatore nella bomba e guardo abbasso. Sono pronto. Circa un chilometro mi separa dall’oasi. Già vedo perfettamente le tende arabe. Vedo due accampamenti vicino a una casa quadrata bianca, uno di circa 200 uomini e l’altro di circa 50. Poco prima di esservi sopra afferro la bomba colla mano destra; coi denti strappo la chiavetta di sicurezza e butto la bomba fuori dall’ala”
Non erano ancora stati creati i missili intelligenti, né il GPS……
Nelle Immagini: Lo sbarco delle truppe italiane a Tripoli e Giulio Gavotti a bordo del suo Farman
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