L’increscioso episodio di pirateria nell’oceano Indiano, che ha visto coinvolti una nave e due militari italiani, ha attirato ancora una volta l’attenzione generale sui pirati e sulla pirateria, fenomeno vecchio quanto la navigazione stessa.
Plutarco ci narra di un giovane Giulio Cesare catturato dai pirati e liberato solo dopo il pagamento di un riscatto di cinquanta talenti (in verità i pirati ne avevano richiesti solo venti, offendendo in tal modo il futuro imperatore il quale riteneva il valore della propria vita ben più alto e che, quindi, impose ai suoi carcerieri di portare la richiesta a cinquanta talenti). Tornato libero Giulio Cesare organizzò una flotta per inseguire i suoi rapitori che furono tutti catturati e crocifissi.
La Croce di San Giorgio antica bandiera della Repubblica di Genova |
Anche in epoche successive la pirateria continuò a esser un’attività praticata e lucrosa. Tuttavia, i pirati erano - e sono – particolarmente attenti alla profittabilità della possibile preda e, soprattutto, a evitare assalti a potenze in grado di rispondere ai loro attacchi.
All’epoca delle crociate, nei primi secoli dello scorso millennio, il Mediterraneo era infestato di pirati, soprattutto di origine araba. Anche allora, tuttavia, erano evitati attacchi a potenze temute e rispettate. Ad esempio, le navi che battevano la bandiera con la Croce di San Giorgio (antico emblema della temuta e rispettata Repubblica di Genova) godevano di una sorta di immunità, derivante dal timore e dal rispetto attribuiti alla prestigiosa Repubblica.
La garanzia era tale che altri regni trattarono con Genova l'uso della sua Bandiera. Lo stesso Riccardo Cuor di Leone, in partenza per la terza crociata, avrebbe chiesto e ottenuto – contro il pagamento di un tributo annuale al Doge di Genova - l’utilizzo della bandiera di San Giorgio, proprio per proteggersi dagli attacchi di pirateria.
Sebbene altre fonti facciano risalire tale accordo ad alcuni decenni successivi, sta di fatto che la bandiera con la Croce di San Giorgio (croce rossa in campo bianco) è divenuta sin dal tredicesimo secolo la bandiera inglese ed anche della città di Londra (pur senza la spada e, soprattutto, il motto latino “Domine dirige nos”, guidaci, oh Signore!).
Curiosamente, per l’alternarsi dei cicli storici, proprio gli inglesi, nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, si distinsero per un’attiva pratica della pirateria, sebbene, usufruendo la stessa della legittimazione dell’Autorità sovrana, si debba più correttamente parlare di imprese corsare. Infatti, attraverso una “lettera di corsa” emessa dal governo, si autorizzava un gruppo privato ad assalire e catturare bastimenti mercantili ‘nemici’, rendendo di fatto legale la pirateria anzi, perfino nobilitandola, visto che le azioni erano svolte per conto e a favore del proprio governo che, in definitiva diveniva il principale beneficiario del bottino. In cambio l’autorità’, mediante la “lettera di corsa”, attribuiva lo status di combattente e autorizzava l’uso della Bandiera nazionale, permettendo al corsaro di rapinare le navi nemiche e di uccidere in combattimento. Famosissimi Francis Drake, addirittura insignito del titolo di Baronetto, e Henry Morgan per i loro assalti ai galeoni spagnoli e portoghesi carichi di ori, argenti e spezie, che contribuirono in maniera rilevante alla costruzione della ricchezza e della potenza marinara inglese.
Non sappiamo quanto renda la pirateria di oggi – che, come sempre, colpisce principalmente chi non reagisce e si piega più facilmente al ricatto – e, soprattutto, non sappiamo quali nobili potenze di domani nasceranno da tali deprecabili azioni dei nostri giorni.
Non sappiamo quanto renda la pirateria di oggi – che, come sempre, colpisce principalmente chi non reagisce e si piega più facilmente al ricatto – e, soprattutto, non sappiamo quali nobili potenze di domani nasceranno da tali deprecabili azioni dei nostri giorni.
Nessun commento:
Posta un commento