sabato 25 settembre 2010

La drammatica fine di un'epoca

Non si era ancora spenta l’eco delle celebrazioni del Cinquantenario della XVII Olimpiade (Roma, 25 agosto - 11 settembre 1960), che Roma ha festeggiato il 140˚ anniversario della brecccia di Porta Pia, quindi della propria annessione al neonato Regno d’Italia e della sua elezione a capitale d’Italia. Non ha, invece, trovato molte opportunità il ricordo di un altro – drammatico - anniversario: i 1600 anni del Sacco di Roma ad opera dei Visigoti di Alarico.

La Porta Salaria fu aperta agli assedianti nella notte tra il 24 ed il 25 agosto 410 ed il sacco durò tre lunghissimi giorni e tre terribili notti. Poco fu risparmiato, nonostante Alarico avesse raccomandato moderazione e rispetto per i luoghi di culto. Alarico aveva posto il papa Innocenzo I sotto la propria protezione, ma questi dovette assistere impotente allo scempio compiuto dai Visigoti, a cui si erano uniti gli schiavi liberati ed assetati di vendetta.
Tra gli ostaggi fu catturata anche Galla Placida, sorella dell’imperatore d’Occidente Onorio, che presto fu impalmata dallo stesso Alarico e, alla morte di questi, sposerà il suo cognato Ataulfo.

L’Urbe non era stata violata dai tempi di Brenno, re dei Celti (390 a.C.), e nonostante non fosse più la capitale dell’Impero (a vantaggio di Ravenna per l’Occidente e di Costantipoli per l’Oriente), continuava ad esserne il centro: città cosmopolita, ricca e dinamica, straordinariamente capace di integrare ed amalgamare in perfetto equilibrio popoli e culture differenti.
L’epoca del sacco di Alarico era caratterizzata da cambiamenti profondi (qualcuno la paragona ai notri tempi!): un’epoca in cui nessun confine appariva ben definito: il ‘limes’, il confine dell’Impero, poteva variare anche di centinaia di chilometri, ma sopratutto le identità erano poco definite: i romani erano sempre più un po’ barbari ed i barbari sempre più romani. Varie popolazioni barbare si erano convertite al cristianesimo ed erano in grado di ben esprimersi in latino, mentre molta dell’elite romana era ormai per lo meno mista: Stilicone, il grande generale che lottò contro Alarico, era di madre romana ma di padre vandalo ed i suoi stessi legionari erano in maggiornaza barbari. Inoltre, se è vero che le invasioni barbariche erano in realtà migrazioni di interi popoli alla ricerca di nuove opportunità e nuove terre più ospitali e generose, è ugualmente vero che la stessa Roma avvertiva il bisogno di linfa nuova ed energie giovani per affrontare la sfida dei tempi ormai mutati.
Il sacco di Alarico non lacerò solo gli edifici dell’Urbe, quanto piuttosto il simbolo rappresentato da Roma di un potere ritenuto eterno. Sant’Agostino, nel ‘De Civitate Dei’, vide nel sacco di Alarico la punizione divina inflitta all’antica capitale del paganesimo ed il segno della imminente fine del mondo.
Ci vollero anni per comprendere la portata reale del gesto di Alarico: ben al di là delle pure imponenti spoliazioni, tutto era cambiato nel profondo ed una nuova epoca era cominciata.

 
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sabato 18 settembre 2010

Un Riconoscimento Prestigioso

È considerata sinonimo di equilibrio e, addirittura, fonte di sana longevità, ma in pochi avevano immaginato che la ‘Dieta Mediterranea’ potesse esser annoverata tra i beni universali, aggiunta al Patrimonio Mondiale dell’Umanità da salvaguardare e proteggere.

Dobbiamo ad Ancel Keys la definizione di “dieta mediterranea”. Lo studioso americano, in Italia durante la seconda guerra mondiale, aveva rilevato la ridotta incidenza di malattie cardiovascolari tra le popolazioni del Mediterraneo, profondamente caratterizzate da abitudini alimentari legate alle tradizianali culture del grano, dell’ulivo e della vite (triade alimentare peraltro ripresa anche nel simbolismo cristiano del pane, del vino e dell’olio).
Cosi come in natura, infatti, sulla tavola mediterranea non compaiono alimenti che contengono sia amidi che grassi, alimenti che comunque – altra caratteristica fondamentale della tradizione mediterranea - sono consumati sul luogo di produzione, secondo la loro stagionalità e senza manipolazione.
Alla Dieta Mediterranea, stile di vita sostenibile basato sull’insieme di pratiche alimentari, conoscenze e competenze tradizionali, trasmesse di generazione in generazione, l’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, attribuirà nel prossimo novembre il più prestigioso dei suoi riconoscimenti: l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale Immateriale dell’Umanità da proteggere, salvaguardare e trasmettere alle future generazioni.

La prestigiosa Lista dell’Unesco, che raccoglie gli elementi immateriali considerati unici al mondo, attualmente consta di 166 elementi (tra cui il Samba brasiliano ed il Kris indonesiano) di cui solo 2 italiani: l’opera dei pupi siciliani e il canto a tenore sardo. La Dieta mediterranea diventerà così il terzo elemento italiano.
L’importante riconoscimento (che con l’Italia premierà anche la Grecia, la Spagna ed il Marocco: tutti paesi proponenti, coordinati dall’Italia) supera la concezione, evidentemente ora considerata arcaica, della cultura legata alla materialità degli elementi, introducendo il patrimonio intangibile, fatto anche di tradizioni e pratiche agro-alimentari, valori particolarmente importanti nella nostra cultura che, quindi, meritano attenzione, salvaguardia e valorizzazione al pari dei beni materiali.


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