sabato 26 giugno 2010

Il Paradosso

L’aspetto più paradossale delle speculazioni finanziarie scatenate ai danni di talune economie europee - e dello stesso Euro - risiede nell’utilizzo per tali assalti degli immensi capitali che, a seguito della ‘Tempesta’ del 2008, le Banche Centrali avevano immesso quasi gratuitamente nel sistema mondiale, con la finalità di scongiurare la paralisi dell’economia e perfino di salvare la gran parte dei protagonisti dei mercati finanziari.
Tali generosi interventi hanno contribuito a determinare l’odierna forte debolezza dei bilanci pubblici, in taluni casi vicini alla bancarotta, e allo stesso tempo l’onnipotenza del ‘Mercato’, che dispone di mezzi illimitati per attaccare proprio coloro che hanno messo a disposizione quei capitali oggi utilizzati nei vari assalti.

Paradosso nel paradosso, proprio a causa della debolezza generata dai robusti interventi anti-crisi, oggi i bilanci pubblici avrebbero bisogno di ulteriori sostegni. Invece, a causa dei ‘rally’ speculativi, le autorità sono costrette all’adozione di misure fortemente restrittive, che finiscono con l’enfatizzare ogni aspetto di vulnerablità, che immediatamente diviene nuovo privilegiato obiettivo della speculazione.
In tale scenario, ecco affacciarsi il ‘prelievo’ sugli Istituti Finanziari che alcuni leader mondiali vorrebbero introdurre per far sì che anche le Banche contribuiscano al costo della crisi, peraltro innescata proprio da taluni loro comportamenti ‘superficiali’.
Il dispositivo, che potrebbe esser adotatto perlomeno in sede europea, dovrebbe garantire una “suddivisione equilibrata del fardello della crisi e la creazione di incentivi che limitino rischi futuri”. Angela Merkel, tra gli alfiere principali dell’adozione del ‘prelievo’ sulle banche, ritiene “giusto tassare chi ha messo a rischio il mercato”, perchè vuole evitare che in futuro le banche possano “estorcere” ulteriori risorse agli stati.
C’è solo da augurarsi, per non aggiungere la beffa al paradosso, che il costo del prelievo, qualora adottato, non sia poi scaricato dalle banche sui propri clienti.


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domenica 13 giugno 2010

Un voto per ‘Stupor Mundi’

Alcuni Amici mi hanno sensibilizzato al voto del ‘monumento del cuore’, apprezzabile iniziativa che ogni anno il FAI (Fondo Ambiente Italiano) attiva al fine di valorizzare un “luogo inconfondibilmente italiano da ritrovare, far scoprire, far conoscere ed amare”. La segnalazione riguarda la Fortezza Svevo-Angioina di Lucera ( http://www.iluoghidelcuore.it/segnala/5105 ) legata a Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero.

Federico Hohenstaufen di Svevia nasce a Jesi, il 26 dicembre 1194, sotto una tenda appositamente innalzata nella piazza. La madre, Costanza d'Altavilla, dovette infatti dargli la luce al cospetto delle nobildonne jesine per far cessare ogni sospetto circa la sua effettiva maternità di quel bimbo avuto a quarant’anni compiuti. Costanza, infatti, stava mettendo al mondo colui che avrebbe ereditato il Regno di Sicilia per parte di madre (essendo Costanza figlia di Ruggero II) ed il Sacro Romano Impero dal padre Enrico VI, a sua volta figlio del Barbarossa.
Federico aveva solo quattro anni quando perse ambedue i genitori, divenendo cosi, sebbene sotto la ‘tutela’ del papa Innocenzo III, re di Sicilia, imperatore dei Romani, re d'Italia e re di Germania. Riprendeva cosi, con rinnovato vigore, la lotta tra il papato e l’impero, tra i ghibellini ed i guelfi, forse tutt’oggi non ancora del tutto terminata.

Federico, determinato a trasferire il centro dell’impero dalla Germania all’Italia, per dargli un respiro mediterraneo, affidò a giuristi insigni (Pier delle Vigne, che Dante esalterà nel XIII canto dell’Inferno, Michele Scoto, Roffredo da Benevento, Taddeo di Suessa) il compito di redigere le Costituzioni di Melfi (1231) che introducono il concetto ‘moderno’ della monarchia assoluta e centralizzata.
Ispirandosi al Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, con le Costituzioni Federico si proclama Felix Pius Victor et Triunphator (come Giustiniano) e fa tornare il potere pienamente nelle mani dell’Imperatore, affiancato dalla Magna Curia in cui spiccano le figure del Maestro Giustiziere e del Maestro Camerario.
Per la prima volta vengono affrontati temi sanitari, con la regolamentazione della pulizia delle città e delle botteghe artigiane. Viene anche regolata l’usura, proibita ai non ebrei, e si affaccia una prima forma di ‘protezione' della donna che non può uscir di casa da sola dopo il tramonto, a meno che non sia una prostituta.
Federico, definito “Stupor Mundi”, è certamente radicato nel medioevo per la sua concezione universalistica e sacrale dell’impero, ma già aperto alla modernità per la sua visione dello stato monarchico amministrativo, per la sua tolleranza religiosa, per la sua versatilità culturale, per la sua magnificenza di costruttore (basti pensare alla raffinatezza di Castel del Monte) e di mecenate animatore di quel convegno di poeti, filosofi e scienziati che fu la sua ‘Magna Curia’.
Circondato dagli Arabi divenutigli devotissimi, Federico morirà il 13 dicembre 1250 a Fiorentino di Puglia, a qualche chilometro dalla Fortezza di Lucera che ora si vuole valorizzare, lasciando avverare la profezia che lo voleva morire nel ‘luogo del fiore’, ragione per la quale Federico non mise mai piede a Florentia, Firenze.

 
Nelle Immagini la Fortezza Svevo-Angioina di Lucera e Federico II di Svevia
 
 
 
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sabato 5 giugno 2010

Il Tofu e la Globalizzazione

In Europa lo hanno introdotto, senza grande successo in verità, i primi missionari di ritorno dall’Oriente a metà dello scorso millennio. Ma il tofu ha circa due mila anni: furono i monaci buddisti, che lo usavano come inibente degli stimoli sessuali, ad avviarne la produzione lasciando macerare in acqua i semi di soia per una notte. Da tali semi, scolati e frullati, si ottiene un liquido biancastro che viene bollito, filtrato, raffreddato e, quindi, unito ad un caglio. Ecco il “formaggio dell’Asia”, caratterizzato dall’assenza di colesterolo e lattosio, oltre che da un ridotto apporto energetico.
Ma, effetto della globalizzazione, a volte il tofu, così assolutamente asiatico, viene prodotto con semi di soia provenienti dal nord America. E ciò suona davvero beffardo: sembra quasi un effetto speculare della globalizzazione che, per contro, ci aveva abituati all’idea, peraltro non sempre apprezzata in Occidente, di dover “cedere” talune produzioni ai paesi emergenti, ove la manodopera a buon mercato consente di contenere in maniera significativa il costo della produzione. La liberalizzazione del commercio, con la conseguente mancanza di barriere doganali, consente infine il massimo beneficio per il consumatore finale, in termini di varietà dell'offerta e di prezzo.
Da noi abbiamo visto crollare in maniera drammatica la remunerazione di talune produzioni agricole (grano, olio, per citarne solo alcune), così come abbiamo assistito all’agonia di interi comparti industriali (si pensi al tessile, ad esempio). Infatti, tali produzioni risultano assai più convenienti, sotto il profilo dei costi e, quindi, dell’offerta finale al consumatore, quando realizzate in paesi emergenti.
Ma tale assioma, ormai comunemente accettato, sembra esser smentito dal caso di quelle aziende, collocate nella regione centrale dell’isola di Giava, che producono ottimo tofu con semi di soia provenienti dagli Stati Uniti. Non è il sovvertimento, ma la conferma del principio base della globalizzazione che premia davvero il prodotto migliore per qualità e per prezzo, indipendentemente dal luogo di origine.
C’è, allora, un futuro anche per tante nostre produzioni agricole ed industriali? Probabilmente si, ma solo se la qualità, il prezzo ed il servizio connesso si rivelano davvero eccellenti e ‘globalmente’ i migliori.

 
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